Editoriali

E Spalletti sia

E Spalletti sia: ultim’ora ma non troppo, la notizia dell’ingaggio da parte dell’Inter del tecnico della Roma è sicuramente il fatto sportivo del giorno.
L’allenatore toscano, che vanta un’esperienza nazionale e continentale importante con su tutti il lavoro a Roma e quello di San Pietroburgo, rappresenta una scelta forte da parte della dirigenza nerazzurra, dopo il mistero Franck de Boer e l’agrodolce parentesi Stefano Pioli.
Nel dettaglio, è proprio l’esito della collaborazione con l’ex Chievo e Lazio che lascia parecchie ombre sul futuro dei nerazzurri, vista l’incostanza della squadra nell’ultimo periodo e soprattutto una capacità, sempre da parte dei calciatori, di passare dalle stelle alle stalle (e viceversa) nello spazio di una o due settimane. Che il lavoro di Pioli, allenatore dall’identikit e dall’approccio interessante e che sicuramente sarà capace in futuro di trovare la definitiva consacrazione ai massimi livelli, sia stato buono e forse meritevole di una conferma è sotto gli occhi di tutti: l’Inter veniva da un caos tecnico difficile da gestire e da una scelta de Boer incomprensibile se non ci punti sul lungo periodo, inutile se di transizione. Al momento dell’esonero, la principale colpa imputata dagli addetti ai lavori all’olandese era quella di non conoscere l’ambiente, il campionato italiano e il suo contesto tattico e certamente in ciò c’era tanta verità, ma allo stesso tempo conoscere l’Italia e la Serie A non ha garantito a Pioli l’ottenimento dei risultati sperati.

Il problema resta l’Inter, come società e per le decisioni che prende. Sceglie uno straniero, nuovo per il nostro calcio ma in rapida ascesa e stimato in Europa (de Boer era sul taccuino di diverse big inglesi, all’epoca) e poi non gli dà il tempo di adattarsi, di plasmare la sua creatura; vira su un italiano dal sicuro cursus honorum e poi dopo poco butta il bambino con l’acqua sporca: la sensazione è che della grande Inter di Moratti si stia imitando il decisionismo estremo, la voglia di risultati immediati, lo sguardo al tutto e subito senza badare a programmare, pensare in prospettiva.
Senza cosette come lungimiranza, sguardo al futuro, pazienza: in bocca al lupo a Spalletti. Che bisogno non ne ha, ma viene da un’esperienza non proprio facile da un punto di vista ambientale e dei rapporti con società e giocatori: abituato alla pressione di Roma, saprà reggere quella di Milano. Glielo auguriamo.

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Matteo Portoghese