Editoriali

La Lupa, il lupo e i due Soli

Tutti i bambini hanno paura del lupo, è il primo mostro della nostra vita assieme all’uomo nero che io da piccolo storpiavo in “uomo buio”. Ma Francesco, per quanto abbia scritto nella lettera d’addio alla sua Roma, è un uomo già da molto tempo. La verità è che, da qualche anno, Totti ha smesso di essere uomo, capitano o semplice giocatore: è diventato Sole. Centro d’identità. Ha rappresentato l’etnia romanista attraverso la sua unica immagine. È questo lo snodo cruciale della vicenda.

Storicamente la teoria dei due Soli si oppone a quella del Sole e della Luna. La prima rende pari dignità alle due parti, ma nel suo risvolto pratico ha sempre evidenziato una subalternità destinata a sfociare in feroce opposizione. Totti è stato centro spirituale, ma non centro di potere. Quest’ultimo ruolo spetta a chi siede in panchina, all’imperator nell’accezione repubblicana del termine.

Spalletti è diventato Sole a suon di dialettica, rivendicando il ruolo di salvatore per cui era stato chiamato. Eretto a potenza da Roma stessa, e chi è causa del suo mal pianga se stesso. Non ha scelto lui di diventare comandante delle truppe, ma quando ne è stato messo a capo è diventato gigantesco. E tutti gli chiedevano dell’altro Sole: povero Luciano, vanitoso e megalomane credeva ancora che l’altro Sole fosse Luna. La sconfitta dell’imperator è stata duplice, nella guerra contro i nemici esterni e in quella fredda e intestina.

Roma si è trovata in mezzo a due Soli tanto ingombranti da incendiarne le fondamenta. Lo Stato ha voluto fare a meno di entrambi, correndo forse incoscientemente il rischio di trovarsi senza un filo di luce. Il popolo è rimasto solo, alla ricerca di quel centro spirituale che non potrà avere degni eredi, e così colpevolizza il comandante delle truppe.

Il nuovo allenatore busserà alla porta in punta di piedi, non credo potrà immediatamente splendere di luce propria. Per questo ho pensato che la presenza del Sole spirituale potesse essergli utile almeno per un altro anno, per aiutarlo riflettendo i propri raggi sulla sua superficie necessariamente candida. Poi ho riflettuto, ho capito quanto quel Sole fosse ormai logoro, quanto non potesse più sopportare il proprio ruolo. Una parola in particolare hanno utilizzato per Totti in questi ultimi giorni: semplicità. Io lo voglio storpiare in spontaneità. Una persona spontanea vuole essere uomo, capitano o semplice giocatore, certo è un privilegio essere centro d’identità ma finché non diviene l’unico ruolo. Francesco Totti senza potere temporale è una bomba ad orologeria.

L’imperator lascia Roma più mestamente, pronto a riaccendere la propria luce altrove. Scrupoloso nel portare a termine il proprio compito quando ancora un termine non era stato fissato, saluta prendendo atto delle proteste del popolo ma non le comprende. Lui era stato chiamato a guidare i giallorossi per cercare di vincere, non per scrivere epitaffi in onore dell’altro Sole. La luce di Totti si è spenta lentamente sotto quella mancanza di reciprocità, è stato relegato a cattività avignonese. Lo Stato ha soffiato forte su quella candela ormai debole, spegnendo una storia che Francesco non aveva la forza di concludere perché schiavo della sua spontaneità.

Non è stato Spalletti a spegnere Totti, non è stato lui ad accenderlo né tantomeno a fargli vincere la Scarpa d’Oro. Spalletti ha sempre e solo agito da principe machiavelliano, alla ricerca del bene dello Stato. Si è dimostrato scrupoloso e ha cercato di essere il più possibile cinico. Non è mai stato né lupa che allatta né lupo cattivo, ma i due Soli sono esistiti veramente: quello di Totti, che nessuno aveva il coraggio di spegnere, e quello di Spalletti, allenatore della Roma e non garante dell’altro Sole.

Published by
Lorenzo David Salvadori