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Già: nient’altro. Solo grazie.

Grazie per un quarto di secolo trascorso a dare spettacolo in giro per i campi di tutto il mondo. Grazie per i gol, gli assist, i colpi di tacco, i tocchi di prima, i lanci a memoria, le punizioni, i rigori.

Grazie per avere e averci fatto far parte di un calcio italiano che da ieri pomeriggio alle 19.59 ha cambiato faccia per sempre. Definitivamente. Il tuo è stato per tantissimi anni un calcio romantico, fatto di tante partite da ascoltare la domenica, di radio con gli amici, di novantesimo minuto alle 18, di Domenica Sportiva e Controcampo che ti facevano fare tardi la sera, di Maurizio Mosca che ti voleva al Milan in ogni sessione di mercato, di stadio Olimpico con i seggiolini celesti, di Carlos Bianchi che pensava di scambiarti con Litmanen, e di tanti Fantacalcio fatti schierando te, Hubner, Vieri, Del Piero, Crespo, Cannavaro, Weah, Peruzzi, Simone, Rui Costa, Thuram, Torricelli, Baggio, Zamorano, Batistuta, Pippo Maniero.

Grazie per le emozioni di ieri all’Olimpico: chiunque senta scorrere nelle vene il brivido del calcio, a prescindere dalla fede e dal paese in cui vive, ha avuto gli occhi lucidi nel vederti, per la prima volta, non leggenda ma umano. Commosso, per un addio che hai dovuto accettare solo perché tempus fugit. Fosse stato per la tua dannata voglia, avresti giocato per altri quarant’anni.

Grazie, dunque. Grazie per il mondiale giocato con un ferro nella gamba, per il rigore contro l’Australia, per quel pallone lanciato a Gilardino a Dortmund, nel 2006.
Grazie perché io, classe 1985, faccio fatica a ricordarmi una Roma senza Totti, un campionato italiano senza Totti, e questo per me vuol dire fascino, storia, emozioni, e invidia da parte del mondo intero.

Grazie per essere stato un calciatore eccezionale, che tra opere d’arte disegnate col pallone e tanti sbagli, forse necessari per crescere e migliorarsi, ha reso orgogliosa l’Italia: la tua, una classe purissima nata e rimasta umile, nonostante la fama, nonostante i milioni.

Tra tanti gagliardetti sparsi qua e là, Francesco Totti sarà sempre una bandiera. Un esempio per tante generazioni di ragazzi cresciute con la sua classe negli occhi. Lui, il numero dieci che ha detto no all’Europa, alla possibilità di vittorie, ai procuratori e alle trattative, per tener fede a una promessa fatta alla sua città.

Di’ la verità, lo sapevi. Lo hai sempre saputo. Sapevi che quanto vissuto nella tua ultima domenica in campo non sarebbe stato mai paragonabile a qualsiasi altro tipo di soddisfazione raccolta in giro per il mondo. Era amore puro, quello di ieri. Puro. Da brividi.

Perciò, grazie. Per aver creato tutto ciò. Per il cucchiaio a Van der Sar, per il mancino al volo contro Udinese e Sampdoria, per lo scavino ad Hart in Champions League, per gli sfottò rimasti nella storia della Capitale, per essere stato un capitano esemplare, un nemico valoroso, un avversario sempre temuto.

E grazie lo hai detto anche tu, ieri sera, al tuo popolo e a chiunque abbia apprezzato il tuo stile.

Un pizzico di malinconia, d’ora in avanti, si sentirà. È scontato. Ma è la gratitudine che non finirà mai. Per essere diventato una leggenda, e per farci sentire tutti un po’ più strani in questo lunedì diventato improvvisamente così diverso, rispetto a quelli degli ultimi 25 anni.