Nel campionato più prevedibile, scontato e meno emozionante di sempre, capita le partite del weekend dicano pochino anche in sede di commento. Certo, Roma-Lazio non è mai una partita qualsiasi ma l’ennesimo editoriale su una Roma incapace di rendere per quanto ‘sulla carta’ autorizzerebbe a pensare, o su una Lazio concreta ma maledettamente lontana dal terzo posto si sarebbe scritto da solo. Non c’è ma immaginatelo: lo conoscete già.
Più stimolante, a questo punto, guardarsi attorno e ragionare sul futuro. In base alla attuale classifica del campionato di Serie A ma anche alle prospettive del prossimo. Una Serie A in naftalina già in gennaio-febbraio, con una lotta salvezza mai nata, ha portato tante delle sue protagoniste a riposarsi in anticipo, giocando di fatto per il nulla. Lo stimolo della maglia e il sempre attuale ‘fare bene e chiudere in bellezza’, sì, ma alla fine…Chi te lo fa fare? Specialmente in uno sport e in un torneo con coppe europee, promozioni e retrocessioni, non avere obiettivi – cioè, averli raggiunti troppo presto – ti uccide l’entusiasmo e la voglia: la tua come quella dei tifosi che, davanti a partite ovviamente meno intense finisce per sbadigliare. Preferendo magari una gita al mare al pomeriggio nei realisticamente poco ospitali stadi del campionato italiano.
Come giudicare, allora, questa stagione? Prendo un nome a caso (ma ce ne sarebbero tanti): il Cagliari.
I rossoblù sono attualmente la dodicesima forza del campionato, l’unica neopromossa ad aver lasciato il segno e al 99% l’unica a essere sopravvissuta quest’anno nella massima serie. Ma per blasone, abitudine alla Serie A, risorse e organico, il Cagliari aveva francamente poco a che spartire con Pescara e Crotone: il paragone regge ma con altre realtà e tante sono in effetti quelle che da mesi e mesi si godono un posto al sole (?) della metà classifica.
Tranquilla salvezza e annata d’assestamento allora. Eppure, dalle parti del Sant’Elia, l’umore è nero e l’indiziato numero 1 di chiama Massimo Rastelli. Il tecnico della promozione (arrivata con un 1% di fatica di troppo, in verità) e cioè del ritorno immediato nel calcio che conta, ma anche quello dei cappotti subiti e di quella che è a oggi la terza peggior difesa del campionato. Retroguardia che, tra l’altro, fino a poco tempo fa si vantava, ahimè, di essere la peggiore. Fortuna degli statistici rossoblu che Pescara e Crotone siano andate peggiorando e che almeno questo triste primato il Cagliari non lo otterrà, ma restano le difficoltà e lo stesso ricordo dello 0-5 col Napoli, dell’1-5 con l’Inter, o gli 8 gol subiti dal Torino tra andata e ritorno. Un ricordo che fa un male tremendo ora e in prospettiva, perché una fragilità difensiva simile difficilmente si potrà reggerla sul lungo periodo: se resta, Rastelli farà bene a lavorarci.
Ecco, allora, al vero punto. Che fa Massimo Rastelli? La gente lo vuole ancora? E, soprattutto, la società? Non sembra esserci una soluzione o, da un certo punto di vista, la coperta è comunque corta.
Non sempre la squadra è sembrata sul pezzo. Tanta superficialità e non solo difensivamente, un organico lungo (troppo?) nel reparto offensivo ma corto là dietro, dove sarebbe servito di più; una campagna acquisti – ma se ne parla pochissimo, a dire il vero – molto prestigiosa ma forse poco lungimirante. Tanti nomi di lusso, grandi o ex grandi giocatori, ma età anagrafica preoccupantemente alta e la clessidra va, va avanti veloce. Lo svincolato Bruno Alves, per esempio, aveva 34 anni e mezzo al momento del suo arrivo da svincolato dopo l’esperienza al Fenerbahce. Ma si può allargare il discorso anche a Mauricio Isla. Che ‘vecchio’ non è (28 anni al momento del trasferimento) ed è stato pagato anche poco (4 milioni) in relazione all’esperienza accumulata, al chilometraggio internazionale accumulato col Cile e agli anni di Serie A con Juventus e Udinese. Eppure, non è che ‘El Huaso’ abbia reso poi tantissimo, almeno in relazione a quanto ci si sarebbe aspettati: 5.74 la media voto per Fantagazzetta, 5.68 quella sulla Gazzetta dello Sport e il dato non migliora su altre testate.
Tutto questo perché la sensazione, a inizio campionato come ora, era che il Cagliari avesse pensato all’ora e subito e non al domani. In un momento storico dove le società, dato il calo di livello e la difficoltà delle neopromosse meno blasonate a restare competitive e salvarsi, un investimento maggiore sui giovani (anche del vivaio) e in prospettiva futura se lo potrebbero permettere. Poi ti capita, sì, di pescare Borriello e trovare una perla, nonostante tutto, ma non può sempre girare così bene.
Qualche sbadiglio o goleada in più, in soldoni, il pubblico del Sant’Elia lo avrebbe gradito se accompagnato da un graduale e maggiore inserimento di giovani (magari sardi, ma non solo), o almeno fosse stata trasmessa la sensazione – anche e soprattutto in sede di calciomercato – di avere un progetto per oggi e per il lungo periodo. Cosa fare di Rastelli, a questo punto, resta il dubbio ma uno è l’imperativo categorico, ineluttabile: se fiducia deve essere, sia fiducia a voce alta e per i prossimi anni. Col sul tavolo stabilità, idee di gioco e di mercato che guardino ai prossimi 5-10 anni. Altrimenti è tempo perso.