Un bomber mai sazio, capace di gonfiare le reti su qualsiasi campo ed in qualsiasi categoria, seguendo l’unica legge del gol. Dario Hubner domani compie mezzo secolo: gli appassionati di calcio dai 30 anni in su ricordano ancora lo stile inconfondibile del “bisonte di Muggia”.
GOL, SEMPRE GOL – Avendolo vissuto in prima persona, non posso che attingere dal baule dei ricordi di calciofilo. Dario Hubner lo conobbi quando cominciò a circolare a livello nazionale il nome di quell’attaccante, che in molti all’inizio scambiarono per straniero, capace di segnare tantissimo ovunque. Ignoravo allora che fosse partito dalla provincia di Trieste e che quel cognome fosse dovuto al nonno paterno tedesco. Una rincorsa in piena regola, quella di Darione, partita dall’Interregionale nel 1987 a 20 anni. Iniziai a seguirne le gesta dalla C, quando vestiva la maglia del Fano e da lì si trasferì in B a Cesena. Cinque stagioni in cui non riuscì mai a trascinare i bianconeri al ritorno in A, nonostante oltre 70 gol ed il costante raggiungimento della doppia cifra. Un centravanti – proprio così, quello che oggi sarebbe inquadrato come prima punta ma senza rendere l’idea – dal fisico solido, inarrestabile se lanciato in progressione e capace di puntare la porta con una vera fame di gol. Nel calcio attuale, soprattutto in Italia, di esempi vicini alle sue caratteristiche non se ne trova traccia. Pazienza se correva con quello stile arrembante quasi ingobbito e non andava tanto per il sottile: la buttava dentro e tanto.
LA SERIE A – Nell’estate 1997, a 30 anni compiuti, in molti pensano che Hubner non possa più saltare sul treno della massima serie. Invece il Brescia gliene dà la possibilità: non se ne pentirà. Contrariamente a quanto è spesso successo ad alcuni attaccanti “di categoria”, il triestino dimostra in fretta che la legge del gol può essere applicata dappertutto se sei capace. E lui timbra il debutto in Serie A a San Siro contro l’Inter con un pregevole tiro di sinistro, dopo aver stoppato la palla spalle alle porta. Il primo di 16 gol, purtroppo inutili per evitare la retrocessione. Ma sarà proprio lui a riportare i bresciani in A nell’unico modo che conosce, segnando a raffica. Nella stagione 2000-01 ha la possibilità di giocare al fianco di un certo Roberto Baggio e si congederà da Brescia con altre 17 reti (ben 75 in 4 annate). Arriva un’altra sfida da affrontare, stavolta a Piacenza. Nel 2002, a 35 anni compiuti, il “bisonte” compie il capolavoro della sua carriera: si laurea capocannoniere della Serie A con 24 reti insieme a Trezeguet entrando nella leggenda. Anche per un altro motivo. Diventa infatti (insieme a Protti) l’unico re del gol in A, B e C. Il Milan lo porta a fine stagione in tournée, poi rientra a Piacenza. Gli ultimi passi in massima serie della carriera che lo vedranno impegnato anche ad Ancona e Perugia. Una lenta discesa tra i Dilettanti, ancora tanti gol ed il ritiro a 44 anni nel 2011. Tra tutte le categorie e in gare ufficiali, Dario Hubner ha segnato quasi 350 reti: il vizio del fumo? È andata così. Auguri Tatanka.