L’Europa dà, l’Europa toglie
Sassuolo-Lazio è stata una partita strana, da un certo punto di vista. Non è tanto per il risultato finale che, anzi, è forse quanto di più normale possa accadere: dopo tutto, ha vinto la contendente più in forma. No, è stata una partita strana perché si sono affrontate due squadre che sembrano essersi scambiate i rispettivi destini rispetto allo scorso anno e che potenzialmente potrebbero giocare a una sorta di rimpiattino infinito in classifica, ruotando continuamente attorno a un elemento comune. L’elemento sono le coppe europee e, in particolare, l’Europa League.
È impressionante osservare come la difficile stagione del Sassuolo edizione 2016/2017 sia estremamente simile a quella della Lazio 2015/2016: rendimento molto altalenante e tendente al mediocre, giocatori che dodici mesi prima decidevano partite chiave lungo la stagione diventati di colpo brocchi o rinchiusi per settimane in infermeria, un gioco molto involuto rispetto alla velocità e all’efficacia di qualche tempo prima. Guarda caso entrambe le squadre hanno dovuto fare i conti con l’Europa League e, forse soprattutto, con i preliminari estivi.
La Lazio lo scorso anno ha pagato dazio ai preliminari (persi) di Champions League per poi fare una figura poco nobile in Europa League, dove è stata estromessa dallo Sparta Praga agli ottavi di finale perdendo molto male in casa (0-3) dopo aver eliminato l’apparentemente più ostico Galatasaray. Quest’anno il Sassuolo ha invece dato fondo alle sue risorse per andare oltre il primo girone ma non ce l’ha fatta, falcidiato dagli infortuni che ne hanno reso complesso anche il cammino in Serie A, chiudendo l’esperienza da fanalino di coda del raggruppamento.
Entrambe le squadre hanno fatto in Europa peggio di quanto fosse lecito aspettarsi da loro – la Lazio dell’anno scorso avrebbe potuto probabilmente aspirare non solo ai quarti ma anche alle semifinali, il Sassuolo poteva centrare i trentaduesimi, tutto sommato – ma, soprattutto, sono crollate in campionato.
Se per il Sassuolo era anche fisiologico visto che per la società e l’allenatore la coppa europea era un’esperienza nuova (così come per la quasi totalità dei giocatori in rosa), per la Lazio sta diventando ormai stucchevole l’alternanza di stagioni ottime con tanto di qualificazione continentale con altre annate decisamente peggiori in cui, però, le coppe vengono giocate – ma senza mai stupire.
Dunque ecco innescarsi, nella partita di ieri, uno strano meccanismo per cui le squadre che si affrontavano stavano invece ballando un valzer attorno a una riproduzione in scala 1:100 dell’Europa League, ideale testimone dell’alternarsi di fortune e disgrazie. Perché, ormai è chiarissimo, purtroppo in questo macroperiodo storico il nostro calcio vive un rapporto estremamente conflittuale con l’Europa League che, tutto sommato, più che dare sembra sempre togliere. Anche se non la si snobba.