Editoriali

Tenetevi i miliardi

Ciò a cui abbiamo assistito ieri sera è qualcosa di storico. Per gli amanti del calcio, indimenticabile; figuriamoci per i tifosi del Barcellona. Ciò che abbiamo visto è una squadra che ci ha insegnato che in questo meraviglioso sport vince chi, davvero, non molla mai. Dopotutto, noi dovremmo saperlo, no? Ricordate Vujadin Boškov e il suo “partita finisce quando arbitro fischia”? Ecco: bisogna giocarsela fino all’ultimo minuto, sempre e comunque. Anche quando le cose sembrano compromesse.

Il riferimento è chiaro, diretto, ai fatti di Napoli. Il primo gol di Sergio Ramos ha spezzato gli entusiasmi azzurri, che da quel momento hanno perso brillantezza. Sbagliando, perché a quel Real Madrid si poteva ancora far male. Ci mancherebbe, questo Napoli non è il Barcellona, sia in termini tecnici che mentali. Il Barça, ieri, ha scritto un’opera calcistica in cinque minuti. Roba complicatissima, roba da pazzi, roba da extraterrestri.

Lezione. Per il Napoli, certo, ma soprattutto per coloro che pensano che il pallone rotoli bene solo se costellato di diamanti. Emery ha pianto, a fine partita, e chissà quale sarà la sua sorte. Lo sceiccone proprietario del Paris Saint-Germain, spendaccione ed esigente, non avrà gradito il flop iperuranico in terra catalana, e si sa: quando quelli coi soldi e col turbante investono, pretendono di ottenere i risultati previsti. Cosa che non sta succedendo, sotto la Torre Eiffel.

Perché? Semplice: perché Eupalla è giusta. La dea del calcio, saggiamente inventata dalla fervida mente di Gianni Brera, è onnipresente e onnipotente, e soprattutto orgogliosa. Non ci sa a piegarsi ai miliardi che fioccano dai paesi ricchi, vuole che questo sport viva ancora di passioni vere, e di tradizioni, di crescita formativa, nel tempo. Lo stile Barcellona, costruito negli anni. Quello – recente – del PSG, tirato su con i petrol-dollari. I parigini, in grado di far terra bruciata in patria, sì, regalando però ai propri tifosi solo vittorie scontate o illusorie. Perché poi succede che vai a giocartela in Europa, e non puoi che prostrarti dinanzi all’altare del pallone. Quello sacro, fatto non di vittorie inutili ma di successi importanti, preziosi, perfino clamorosi. Successi in cui il denaro, vile, è assolutamente importante, ma non protagonista. Nel calcio vero, serve il lavoro vero, quello fatto con calma, e intelligenza, e strategia. Qualcuno, ieri sera, a Parigi, l’ha imparato a sue spese.

Published by
Alex Milone