2017: la rivoluzione di Wesley
Wesley Bryan è un giocatore professionista di golf. Nato in South Carolina, a 26 anni è approdato nel 2017 sul PGA tour, la serie di tornei più prestigiosa (e ricca) al Mondo. Per le modalità con cui è avvenuto, il suo arrivo al grande golf non ha nulla di strano: la maggior parte dei suoi coetanei gioca sul tour da anni; a esempio Jordan Spieth, vincitore di due major, ha 23 anni e pure Justin Thomas e Jon Rahm hanno meno di 24 anni.
Bryan ha ottenuto due top-10 nei primi tre tornei giocati sul PGA, agguantando cinquecentomila dollari di premi in due mesi. Anche qui: nulla di impossibile se pensiamo che Rahm ne ha vinti un milione e mezzo.
Ma Wesley Bryan è diverso, Wesley Bryan sta cambiando il mondo del golf, non solo quello statunitense. Cambierà – si spera accoratamente – l’opinione che i non golfisti hanno di questo sport, intrisa di luoghi comuni e mezze verità.
Il golf è tuttora intrappolato nella differenza che c’è tra la sua pratica nei paesi anglosassoni e negli altri stati. Se nel Regno Unito e in America è il più nazional-popolare tra gli sport, nel sud e centro Europa è considerato costoso e d’elite.
Questa differenza è sicuramente più nella testa di chi ce l’ha più che nei fatti, ma questo poco importa: chi non gioca a golf non ne è attratto e questo è solo parzialmente dovuto ai prezzi e alla scarsa presenza di campi vicini alle nostre città.
Una ragione più che legittima è la scarsa mediaticità di questo gioco. Come succede a esempio nel ciclismo, la peculiarità del gesto tecnico è poco distinguibile tra un golfista e l’altro, per un non-addetto ai lavori. I tornei durano quattro giorni, e non di rado il vincitore si intuisce già dal terzo giro, quando ha molto vantaggio sul secondo. Inoltre ogni giro prende tutta la giornata, consegnando agli spettatori un prodotto televisivo di scarsa intensità.
Per sua essenza, il golf non è sport da prestarsi alla logica dei “personaggi”. La concentrazione deve essere sempre massima ad alti livelli, perché la differenza tra un buon colpo e un disastro è molto sottile. L’etichetta e il rispetto del campo impongono alcune regole di comportamento come il silenzio sul green e l’impossibilità di correrci o saltarci. Il golfista è teso per l’intera settimana, e raramente riesce a diventare “personaggio” per la sua esuberanza o altre caratteristiche personali. I golfisti italiani, a esempio, sono ben fuori da qualsiasi rotocalco generalistico, nonostante ce ne siano almeno tre di livello molto alto.
A queste indubbie verità sul golf, si affianca un periodo nero per il suo appeal. La fine di Tiger Woods, costantemente infortunato, ha lasciato un vuoto che appunto i vari Spieth, Thomas, Rahm – i nuovi, giovani, fenomeni – sperano di riempire. Ma la notorietà di Tiger non è replicabile, anche per inevitabili implicazioni sociali. Inoltre, nessuno di questi è lontanamente dominante quanto lui.
Se è vero che nessuno guarda il golf in televisione, qualcuno in più su Internet lo fa. Youtube è la nuova casa del golf. Molti maestri hanno canali in cui elargiscono consigli, ed esistono fenomeni da 320000 iscritti.
Wesley Bryan e il fratello, due anni fa, hanno girato una clip in cui il secondo alza la pallina al primo che scaglia il drive a 300 metri. Diecimila visualizzazioni dopo ne fecero un altro, poi un terzo e così via. Ora il canale ha trentamila iscritti e ha video pazzeschi come quello girato sui tetti del MGM Grand di Las Vegas. I fratelli postano contenuti scherzosi costantemente anche su Twitter.
Nell’ultimo anno i video sono però leggermente cambiati, con Wesley a dominare il Web.com tour (la serie B del PGA) e George a fargli da caddie. Intendiamoci, i fratelli Bryan non sono gli unici a realizzare video divertenti di golf, e nemmeno i più seguiti. Ma sono gli unici ad accoppiare la fama inutile di Youtube a molto più importanti trionfi sportivi.
Wesley è spigliato, televisivo, soprattutto molto bravo e in un periodo di forma stratosferico. La sedicesima buca del Phoenix Open è unica: una immensa tribuna contorna il green; lì la tensione è massima. A inizio febbraio, ormai nelle retrovie della classifica, Wesley Bryan fa atterrare il primo colpo a pochi metri dalla buca. Si gira verso il pubblico e lo aizza, come potrebbe fare un calciatore con i suoi tifosi in trasferta.
Un piccolo gesto, per ora, ma Bryan potrebbe essere una presenza fissa in tornei di questo e più alto livello. Immaginate un personaggio del genere nelle prime posizioni di un major (i quattro tornei più seguiti), magari vincente. Qualcuno semplificherà il discorso, e tagliando corto dirà: “Questo ha iniziato su Youtube!”
A quel punto la reazione a catena proprio di questi, superficiali, tempi, porterà a guardare i suoi video, si scoprirà che il golf non è poi così costoso e che l’ultimo giro di un torneo importante è una domenica sera spesa bene; che ci si può divertire con questo gioco. In campo oppure davanti alla televisione.
O anche davanti al cellulare, ma questo Wesley Bryan probabilmente l’ha già dimostrato.