Due è più di uno
Due è più di uno. Scontato, semplice e immediato, ma se si tratta di crociati la differenza inizia a essere pesante. Alessandro Florenzi appoggia male la gamba un mercoledì di fine ottobre, quando la sua Roma aveva già in cascina la vittoria con il Sassuolo. Tutti abbiamo provato una fitta di tristezza, tutti gli abbiamo augurato il meglio.
Chi ci passa lo sa, conosce il dolore dell’operazione e le prime notti insonni. Conosce bene anche quella voglia matta di iniziare la fisioterapia, per tornare a correre e giocare a calcio. Neanche quattro mesi e Alessandro è di nuovo in campo, perché ha lottato tutti i giorni per tirare su quel muscolo intimidito dal dolore.
Due è più di uno. Scontato, semplice e immediato, ma se si tratta di calcio è una fregatura. Alessandro Florenzi appoggia male la gamba un martedì di metà febbraio, durante un allenamento con la primavera. Il ginocchio cede al primo cambio di direzione serio e, quando ti rompi una seconda volta, magari puoi provare a nasconderlo a te stesso, ma la verità è che in cuor tuo sai benissimo quel che è successo.
Un crociato è per sempre. Sembra quasi una frase romantica ma in realtà è una condanna. Il 5 maggio 1985 il diciottenne Roberto Baggio gioca la sua ultima partita con il Lanerossi Vicenza, trovando un gol e il primo grave infortunio della sua carriera. Dopo la ricostruzione del legamento crociato anteriore del ginocchio destro, torna in campo con la Fiorentina primavera, nove mesi dopo.
Ha sempre giocato con una gamba e mezza, per tutta la carriera. Fino al 2002, di lì in poi gli bastò solo una gamba. Settantasei giorni gli ci vollero per tornare dal crociato rotto, rientro con doppietta. A trentacinque anni, a Brescia. A chi dice che quella metà gamba in meno si è vista, va risposto per forza. Un crociato è per sempre, puoi essere anche un fenomeno, ma il tuo ginocchio non sarà più lo stesso.
La distanza dai campi è tremenda, tornare a correre dopo tanti giorni è strano. Quasi innaturale. La verità è che quei settantasei giorni di Baggio erano pochi. Il Brescia concluse la stagione 2001/02 a un punto dal Verona retrocesso e Roby, per quella salvezza, serviva da morire.
Un crociato è per sempre. La monogamia delle nostre ginocchia è clamorosa se comparata al calvario di Daniele Galloppa. Quattro legamenti in cinque stagioni, due per gamba, tre infortuni a Parma e uno a Modena. Senza gambe, direbbe Baggio.
Florenzi era in campo l’8 marzo 2015, quando Mattiello si spezzò in due sotto gli occhi di tutti. Di lì in avanti la partita divenne surreale, Chievo e Roma conclusero a reti inviolate. Sette mesi dopo un altro infortunio e una nuova operazione alla tibia già operata.
Potremmo citarne mille altri, da Pozzi a Giuseppe Rossi. La verità è che siamo sempre molto propensi a parlare di sfortuna o di fragilità. La verità è che quei settantasei giorni di Baggio erano troppo pochi.
Anni addietro la rottura di un crociato, o una frattura scomposta come quella del povero Mattiello, potevano chiudere anzitempo la carriera di un calciatore. Oggi è impensabile, grazie a Dio (alla chirurgia!). Due è più di uno, figurarsi chi ne ha fatti quattro. Finisci per sospirare contro il destino, come Galloppa.
Uno è meno di due, giriamola in questo modo. La prima volta lotti come un carrarmato, sei una bestia che vuole tornare a correre. La seconda è più tosta. Finisci per correre meno, per correre peggio. Finisci per perdere la Nazionale e sospirare contro il destino. Talvolta finisci.
Il rischio è la paura, è quella che ci frega. Il rischio è di non vederti più, Alessandro, correre come un pazzo scatenato in mezzo al campo per recuperare un pallone quando la partita l’hai già vinta, come quel giorno di ottobre.
Il rischio è di non vederti più fare tutta la fascia e lasciar partire una cannonata delle tue. Non vederti più pensare di poter appoggiare la gamba così saldamente a terra, per poter poi calciare da cinquanta metri verso la porta avversaria.
Ci vuole calma, Alessandro, perché due è più di uno. Scontato, semplice e immediato, nulla di tutto questo. Prenditi tutto il tempo necessario, noi non abbiamo fretta. Roma e la Nazionale non hanno fretta. L’importante è vederti sicuro come prima, lontano dalla paura di ricascarci e lontano da una sicurezza solo psicologica.
Ci vuole calma, Alessandro, per recuperare quella certezza nel muscolo, nella sua abitudine a sostenere le sollecitazioni della tua grinta. Pegno: non tornare mai più il giocatore che eri. Rivogliamo quel Florenzi capace di fare tutto ovunque, ma la saggezza ci consiglia di aspettare il più a lungo possibile. Dopo di che avrai tutto il tempo per dimostrare di aver lottato.