Home » Il difensore del futuro

Africa Studio / Shutterstock.com

Il “sacco di Napoli” avvenuto per  mano bergamasca ieri ha portato definitivamente agli onori delle cronache Mattia Caldara, di mestiere difensore centrale. Non è ovviamente una rivelazione perché un mese fa il giovane difensore nerazzurro è stato acquistato dalla Juventus (e lasciato in prestito all’Atalanta fino a giugno 2018) e, anzi, il trasferimento è stato solo l’apice di un personalissimo climax ascendente che è andato di pari passo con l’affermazione di squadra della Dea di cui tutti siamo stati testimoni negli ultimi tempi. Difatti, per non sapere chi sia Caldara o cosa faccia nella vita bisognerebbe aver vissuto su Marte gli ultimi sei mesi.

È anche vero, però, che una doppietta decisiva al San Paolo – in questo momento storico – può solo avere il sapore di una (più o meno) consacrazione. Una stagione spettacolare per il ragazzo e per tutta la squadra, sin qui, che trova uno dei momenti stagionali più alti nella vittoriosa trasferta di Napoli, il cui risultato, peraltro, accorcia anche la classifica e avvicina addirittura la zona Champions ai ragazzi terribili di Gasperini. Ma la notizia migliore della serata di ieri, anche in ottica Nazionale, è che Caldara forse è persino di più di quanto non pensassimo fino a ora. E non perché abbia segnato due gol ma per come li ha segnati e, più in generale, per il tipo di prestazione che ha messo in piedi nella tana del Ciuccio.

Dietro è stato di una solidità imbarazzante, ha consentito a Mertens di andare al tiro appena due volte da posizione centrale e, quando il belga ha lasciato il centro dell’attacco per far spazio a Milik e Pavoletti, i due centravanti azzurri non sono di fatto mai riusciti a rendersi pericolosi fino in fondo. Non solo: è praticamente sempre uscito per portare il pressing e cercare l’anticipo coi tempi giusti, ha spazzato via il pallone da zone pericolose ben dieci volte senza mai sbagliare, si è esibito in tre intercetti e ha messo a segno tre tackle su cinque tentati (dei due mancati solo uno è arrivato in posizione pericolosa). E poi, naturalmente, i gol. Il primo denota solo – si fa per dire – una capacità estremamente interessante di prendere il tempo al diretto, per quanto svagato, marcatore. Ma il secondo è una gemma.

L’uscita di palla dal proprio terzo di campo difensivo con tanto di mezzo sombrero, la capacità di seguire l’azione fino in fondo, la lucidità del rallentare in prossimità dell’area in modo che Petagna possa portare via gli uomini e lasciarlo libero all’altezza del dischetto del rigore, la coordinazione sul cross – bellissimo – di Spinazzola: tutto bellissimo e, come dire, difficilmente considerabile come pezzo di repertorio tipico di un difensore centrale (il che non può che accrescere la nostra stima per lui). Un momento quasi beckenbaueriano di grandissima classe, da guardare e riguardare, finché non cadono gli occhi e che dice tantissimo sul potenziale ancora latente di questo giocatore.

Peraltro, dal 2018 appunto, Caldara giocherà nella Juventus, andando presumibilmente ad aggiungersi a un reparto difensivo che conta sulla batteria di centrali migliore d’Europa, probabilmente. Bonucci, Barzagli, Chiellini, Benatia, Rugani: tutti giocatori di alto, alto livello dai quali il gioiellino per ora ancora atalantino potrebbe imparare tantissimo e migliorare ulteriormente il suo gioco.

Se il nostro giovane numero 13 (che, facendo i debiti scongiuri ovviamente, da quando è diventato sinonimo di Alessandro Nesta non è più un numero normale né facile da portare per un difensore italiano) saprà rimanere costante nel rendimento e continuare nel modo migliore il suo percorso di apprendimento c’è davvero da leccarsi i baffi pensando al futuro e all’avvenire della Nazionale – oltre che della Juventus, se si è della parrocchia. Perché ieri, a Napoli, forse è definitivamente esplosa una stella.