Dov’eravamo rimasti? La Final Eight di Coppa Italia, andata in scena a Rimini, con il trionfo dell’Olimpia Milano e l’All Star Game di New Orleans, da dimenticare sotto diversi punti di vista.
Partiamo dalla pallacanestro nostrana. È stata la settimana del 23esimo turno di Eurolega, scenario in cui la squadra di Jasmin Repeša si è giocata la possibilità di guadagnarsi un posto tra le prime otto. Se già prima la situazione lasciava poche speranze alle Scarpette Rosse, con la sconfitta rimediata sul parquet di casa, contro un Barcellona tutto fuorché ineccepibile, ora il treno playoff dista anni luce da Milano. Una buona partenza, il solito vantaggio accumulato, qualche buona giocata sia a livello di singoli che di squadra. Poi, il nulla. Uno spettacolo francamente inadeguato, se si considera il numero di tifosi accorso per sostenere un cammino ampiamente compromesso. Le 10 partite consecutive che non hanno portato nemmeno una vittoria pesano come un macigno sulle ambizioni di quella che sta diventando un’eterna incompiuta. Il “contentino” del campionato sta ormai troppo stretto ad una piazza che ha fame di recitare una parte di primaria importanza anche in Europa. E pensare che i blaugrana, se tutto dovesse continuare in questo modo, rischierebbero di rimanere a bocca asciutta in tutte le competizioni. La Copa del Rey è stata messa in bacheca dal Real, prima in classifica in Liga ACB e, soprattutto, in Eurolega. La banda di Pablo Laso quest’anno fa sul serio, come testimonia anche la vittoria contro il Darüşşafaka, e Sergio Llull sta incantando come non mai. La partenza di Sergio Rodriguez si pensava potesse penalizzarlo, e invece la sua crescita, soprattutto mentale, è risultata esponenziale. E se sommiamo la magra figura dell’Olimpia alle altre delusioni che lo sport ci ha regalato nel Vecchio Continente, in primis l’eliminazione della Fiorentina in Europa League e l’esonero, e qui è difficile trovare l’aggettivo adeguato, di Claudio Ranieri come tecnico del Leicester, allora è meglio volare oltreoceano.
Beh, non esageriamo. Diciamo che si tratta di una settimana da archiviare sulla mensola che nessuno vuole passare in rassegna, ma almeno in questo caso le vicende si possono vivere in modo quantomeno distaccato.
Dopo il deludente All Star Game Weekend, l’attenzione si è concentrata interamente sulla Trade Deadline, fissata alle ore 21 italiane di giovedì. Pochi colpi, nessun colpaccio. Cousins ai Pelicans è di sicuro un movimento che ha fatto parlare e farà parlare di sé per diverso tempo. John Wall aveva preannunciato grandi nomi destinati a cambiare franchigia nelle battute finali, ma i vari Paul George, Derrick Rose, Ricky Rubio e Jimmy Butler, senza dimenticare il nostro Gallinari, non si sono mossi neanche di un millimetro.
È giusto e doveroso, però, menzionare chi ha invece rimediato una figura più che positiva, che in questo caso si somma a ciò che è stato messo nero su bianco fino a questo punto della regular season.
Gli Houston Rockets, in punta di piedi, si sono assicurati un elemento come Lou Williams, dai Los Angeles Lakers. Uno dei migliori 3 sesti uomini dell’intera Lega. Elemento che si aggiunge ad un roster già di primo livello e che sta giocando una grande pallacanestro. 27 punti all’esordio, in 25 minuti di impiego, proprio contro i New Orleans Pelicans della coppia Davis-Cousins. +30 alla sirena e messaggio più che limpido mandato a Warriors e Spurs. Houston, we have a roster.