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Il sodalizio tra Fiorentina e sconfitta

Marco Iacobucci EPP / Shutterstock.com

Checché se ne dica siamo riusciti a impacchettare un’altra figuraccia agli occhi dell’Europa League. Storicamente, da quando ha cambiato nome, è un trofeo indigesto alle italiane. Belle imprese, stadi espugnati, gol raggiunti e qualificazioni mancate. Sempre o quasi.

Perché se la Roma poteva permettersi di entrare in campo in ciabatte dopo lo 0-4 che ha sommerso El submarino amarillo al Madrigal, al Franchi la sinfonia doveva essere diversa. Anzi, a dirla tutta, la è anche stata fino alla fine del primo tempo quando un rigore di Stindl ha rianimato un Borussia Mönchengladbach già spacciato. Eppure la faccia tosta dei tedeschi, unita all’inesorabile squagliarsi come neve al sole della Fiorentina, l’ha vinta. Meritatamente.

Una settimana fa ci stropicciavamo gli occhi vedendo e rivedendo il sinistro di Bernardeschi infilarsi sotto l’incrocio della porta del Borussia-Park. Per la prima volta nella loro storia, la Viola era riuscita a vincere in Germania contro i pronostici. Uno stiracchiato 0-1, ma che soddisfazione. Al ritorno sarebbe bastato controllare e amministrare, cercando magari una rete nei primi minuti per avere il totale controllo della situazione.

Ma il calcio è strano e, probabilmente, tutta una questione di testa e sensazioni. Chissà cos’ha pensato Sousa allo scoccare della prima mezz’ora: il tebellone segna 2-0 per i padroni di casa. È fatta. Invece, un’errore di Maxi Olivera ha riaperto la partita in un momento delicato, prima della pausa, gettando nel panico un gruppo abituato a giocare ad alti livelli ma perseguitato dalla sconfitta.

Questa è la Fiorentina, ne più ne meno. Una squadra “ariosa e votata all’attacco” si leggerebbe sui quotidiani di anni fa, ma decisamente fragile. Dalla mentalità alle caratteristiche dei giocatori disposti in campo. Non me ne voglia Badelj, unico gregario di un undici veloce e dinamico che puntualmente raccoglie poco e niente nel momento clou di ogni stagione. Quando il gioco si fa duro i Gigli smettono di giocare.

Il palmarès non viene aggiornato dal 2003 quando, dopo il fallimento societario, la Fiorentina cominciò a risalire la china vincendo il campionato di C2. E negli anni i Della Valle di lavoro ne hanno fatto. A modo loro, ma ai tifosi non sono mai mancate le emozioni. Dall’epopea Prandelli, che portò i suoi in Champions, al roseo periodo di Montella che iniziò un progetto portato avanti, e probabilmente concluso, da Sousa.

Gestioni e periodi accomunati dallo stesso filo rosso: la sconfitta. Per carità, anche dal bel gioco. Fraseggi rapidi e azioni veloci. Palla a terra con possessi alla blaugrana mai finalizzati quanto basta per arrivare all’obiettivo finale di ogni partita, la vittoria. Perché è di questo che si parlerà sempre e comunque, dei risultati. E perché, come dice un buon toscano che allena a Torino, “Le chiacchiere le porta via il vento, le biciclette i livornesi”.

Ah, quanto mancano Toni e furmini a Firenze..