«E questa volta, lo posso dire, è davvero tutto. A te la linea, Filippo»
La voce come sempre calda, profonda, ma questa volta leggermente rotta dalla commozione. Riccardo Cucchi lascia Radio Rai, lascia le radiocronache sportive, lascia uno dei mestieri più difficili del mondo. E al tempo stesso lascia le nostre vite, le vite di tutti noi, che abbiamo passato pomeriggi o serate in compagnia della sua voce cercando conforto nelle sue parole per lenire il dispiacere di non poter vedere con i nostri occhi una partita che per noi era importante.
È stato i nostri occhi e la sua voce riusciva a descrivere le emozioni: non è cosa da tutti. Ieri prima di Inter-Empoli, la sua ultima partita e il caso ha voluto fosse nella Scala del Calcio, è stato premiato a bordo campo, come si fa con i grandi campioni. E lui lo è stato, un grande campione. Un fuoriclasse appartenente alla vecchia guardia di radiocronisti che mamma Rai ci ha donato in un’epoca in cui non c’erano le TV private e i diritti televisivi e gli unici modi per seguire una partita erano o andare allo stadio o ascoltare Tutto il Calcio Minuto per Minuto. Andando via lui ne rimangono ancora pochi, e mi viene in mente Repice, altro grande nel suo genere. E proprio Repice, collega di una vita di Riccardo Cucchi, ha voluto omaggiarlo con un servizio di due minuti a cui ha prestato la voce in uno di quei saluti che si fanno per un grande collega e amico.
È inutile negarlo, il radiocronista è un lavoro romantico, per chi ama questo sport. Perché vive dell’immaginazione di chi ascolta, della capacità di raccontare di chi parla, della sintonia che si deve creare tra la voce e l’orecchio. Un lavoro molto più complesso rispetto a quello del telecronista, che è aiutato dalle immagini e deve solo spiegare l’ovvio, tenendo quasi compagnia al telespettatore e supportandolo nei momenti più complessi del gioco. Il radiocronista ci racconta la sua partita, vista con i suoi occhi e cercando di trasmetterci le sue emozioni. E in questo Riccardo Cucchi è stato il numero uno.
Cucchi era con noi anche durante i Mondiali del 2006 e, più di quelle usate nella finale contro la Francia battuta ai rigori, per salutarlo vorrei usare le sue parole usate negli ultimi minuti della semifinale contro i padroni di casa della Germania: «Uno straordinario epilogo. Credo davvero che, al di là del grande entusiasmo, della grande emozione che ci travolge tutti in questo momento, non si possa che dire “successo strameritato”». Ciao Riccardo. E grazie.