Dal Grasshopper al Grasshopper: Il 22 settembre, a Cornaredo, contro le Cavallette, in notturna, avevamo assistito all’ultima vittoria del Lugano guidato da Andrea Manzo, e sabato sera siamo stati spettatori del primo successo dell’era Tramezzani. Al di là di questo, i commenti in tribuna stampa, soprattutto da parte dei giornalisti più esperti, sono stati gli stessi: “Mai visto un GCZ così brutto…”
Già, ma cosa succede a quella che veniva chiamata “La Juventus della Svizzera”? La scorsa stagione, la squadra guidata dal ticinese (ma originario di Clusone, in Val Seriana) Pier Tami, giocatore del Lugano vincitore della Coppa svizzera del 1993, e stimato tecnico proveniente dai quadri della Federazione calcistica elvetica, aveva fatto piuttosto bene: quarto posto, e la valorizzazione di giocatori come Ravet, Tarashaj, Dabbur (per citarne alcuni).
Emblematico proprio il caso di Ravet, passato allo Young Boys nella sessione invernale della scorsa stagione: fino a quando è rimasto a Zurigo, le Cavallette hanno sopravanzato i rivali in classifica. Poi, dopo il passaggio in giallonero del forte centrocampista francese, i rapporti di forza tra le due squadre si sono invertiti, tanto che, a fine campionato, è stata la squadra della capitale federale ad arrivare davanti ai biancoblù.
Kuby Türkyılmaz, ex centravanti della squadra tigurina (oltre che indimenticato giocatore di Bologna e Brescia), oggi stimato opinionista sia in Ticino (è ospite fisso della trasmissione Fuorigioco, su TeleTicino) che oltre Gottardo (collabora con il Blick), negli scorsi giorni, commentando l’addio a Zurigo di Kim Källström, ha puntato il dito contro la dirigenza zurighese rea, a suo dire, di avere incassato dalle cessioni eccellenti 13 milioni di franchi, investendone in nuovi giocatori solo uno.
Il caso Källström (al di là della partenza improvvisa, secondo indiscrezioni giornalistiche del Blick, riprese dallo svedese Sportbladet, si sarebbe espresso in modo piuttosto negativo sullo spogliatoio), inoltre, ha poi terremotato un ambiente che di tutto aveva bisogno, tranne che di nuove polemiche. Avevamo riferito delle voci sulla partenza dell’ex nazionale svedese, provenienti da Stoccolma, già da diversi mesi: e ci sembra strano che la società non le avesse colte.
Molto più probabilmente (e le dichiarazioni di Tami sulla necessità di portare avanti una strategia incentrata sui giovani anche, e soprattutto, per mancanza di alternative, fatte nei mesi scorsi, sono lì da leggere), la società non aveva in mente nomi alternativi di un certo livello, che potessero essere alla portata della situazione finanziaria del club, ed è stata costretta a subire la situazione.
Il progetto di investire sui giovani è senz’altro meritorio, e può essere anche redditizio, come hanno proprio dimostrato le entrate in denaro, derivate dalle cessioni. Tuttavia, in questo modo, non si può certo pensare di creare un progetto vincente, anche a medio termine. D’altro canto, la risposta della dirigenza agli scettici è che chi sta provando a spendere (lo Young Boys, per esempio), non vince, comunque, da decenni. In questo momento storico, lo strapotere finanziario e sportivo del Basilea è inarrivabile e inattaccabile, nonostante (per esempio) in Coppa svizzera (trofeo di grande valore, nella considerazione degli appassionati d’oltre confine) i renani non riescano sempre a far valere il loro spietato dominio.
In mezzo a queste due visioni opposte del mondo, oggi c’è però una squadra in grosse difficoltà, che rischia seriamente di rimanere invischiata nella lotta per non retrocedere. Il rendimento fuori casa dei ragazzi di Tami è, infatti, decisamente fallimentare: 4 punti, frutto di una vittoria e un pareggio, e 8 sconfitte (il peggiore della Super League), in parte compensato da un ruolino casalingo di tutto rispetto, in media con le squadre della parte alta della graduatoria (5 vittorie, 3 pareggi e 2 sconfitte). Preoccupante, però, la media degli spettatori presenti (considerando il bacino d’utenza): poco più di 4.700 a partita.
Tuttavia, l’inizio del girone di ritorno, iniziato senza i due perni del centrocampo (Källström, appunto, e l’ex Lugano Bašić, fuori per un grave infortunio), ha già fatto registrare due sconfitte. Tami ha chiesto alla società, dopo la partita contro i bianconeri, di agire sul mercato: il ticinese, uomo di calcio di grande esperienza, ha voluto così suonare l’allarme. In tribuna stampa, sabato sera, c’era chi temeva per il suo futuro: noi, invece, pensiamo che la dirigenza del GCZ, nonostante i forti dissapori, non se la senta di fare una scelta del genere, in questo momento: se proprio, bisognava agire a dicembre, come ha fatto Renzetti del Lugano.
Il rischio, insomma, che la “(…) squadra costruita con altri obbiettivi, che magari perde la testa, come accade praticamente ogni anno, e sulla quale proveremo a fare la corsa” (citazione di Contini, allenatore del Vaduz, riferendosi all’Aarau di due stagioni fa, e allo Zurigo di quella passata) possa essere proprio la “Juventus di Svizzera”, oggi, è più attuale che mai. E sarebbe davvero beffardo che il passaggio del testimone, tra promossa (il favoritissimo Zurigo, rivale di sempre) e retrocessa, avvenisse proprio al Letzigrund, uno degli stadi per l’atletica più famosi del mondo.