Il Pescara è in Matrix
Ultima posizione, nove punti in ventun partite giocate, quarantadue gol subiti a fronte di sedici realizzati e una sola vittoria che, però, proprio come Matrix, in realtà non esiste (in quanto arrivata a tavolino). Il Pescara, attualmente e giustamente ventesimo in classifica, non è mai riuscito a imporsi sul campo contro nessun avversario lungo l’arco di questa Serie A. Mai. E, adesso, si trova intrappolato in un campionato abbondantemente compromesso – sarebbero ben 31 i punti da fare nelle prossime 17 gare, quasi due a partita – che può solo finire. In un unico modo, peraltro.
Ma la squadra di Oddo dà l’idea di vivere in un mondo virtuale tutto suo non solo a causa dell’altissimo e quasi irreale grado di fallimento che il massimo campionato 2016/2017 rappresenta (per sé e per tutta la società), no. Il Pescara pare veramente vivere su un pianeta che se non è molto distante dalla Terra allora è certamente digitale anche per la strenua osservanza rispetto al progetto tecnico: l’allenatore non è minimamente in discussione nonostante gli atroci risultati raccolti fin qui.
Se sul versante sportivo ci sarebbe solo da mettersi le mani nei capelli, quindi, dal punto di vista più strettamente manageriale a Pescara sanno perfettamente di avere risorse molto esigue, sanno di dovere una promozione in Serie A niente affatto scontata a Massimo Oddo e, soprattutto, sono irrealmente consapevoli di aver messo in piedi una squadra che non è all’altezza di disputare il campionato che pur s’è meritata sul campo la scorsa stagione.
La morale è una sola: l’allenatore non è il problema e non si cambia. In più, compatibilmente con le possibilità economiche della società abruzzese, gli sforzi che si possono fare per migliorare il parco giocatori si fanno ma tutti sono consapevoli che, più che la buona volontà, servirebbe un miracolo. Dunque ci si impegna fino in fondo ma senza aspettarsi sul serio che cambi qualcosa e ci si salvi.
Ma non è tutto qui. C’è infatti un ultimo parametro che eleva il grado di surrealtà della situazione oltre ogni aspettativa: pur facendo un punto ogni tre partita, pur avendo perso due terzi delle gare giocate, pur avendo una rosa che probabilmente non è in grado di farlo nella massima categoria, il Pescara di Oddo continua a cercare di giocare palla a terra, sempre e comunque. Tenta di aggredire alto, tenta di schierare almeno tre uomini offensivi a ogni sfida, tenta di arrivare al gol attraverso il fraseggio. E, per quanto possa sembrare assurdo, ha ragione.
Ha ragione perché i risultati non arrivavano nemmeno schierandosi a cinque dietro e provando ad aspettare l’avversario, dunque Oddo ha preferito proseguire col lavoro sull’identità forte della sua squadra e basta, come va va (male ma va). I biancazzurri prenderanno insulti e guadagneranno sberleffi, è chiaro, ma tanto è palese che retrocederanno: come dice Guardiola, sapendo di non poter vincere sempre Oddo preferisce scegliere il modo in cui perde. Anche perché dà per scontato che l’anno prossimo – essendo il suo contratto valido fino al 2018 – sarà ancora lui l’allenatore anche nel caso si finisse in Serie B.
Guardando al quadro nel suo insieme, quindi, la conclusione a cui si arriva è una sola: Pescara non esiste, Pescara è in Matrix, Pescara è in un mondo in cui le leggi che parevano immutabili e che per anni hanno dominato il nostro calcio sembrano quanto meno non avere alcun peso. Sperando ovviamente che un’eventuale retrocessione non distrugga tutto.