Archiviate le partite di Coppa Italia, torna la Serie A. Un campionato che a oggi, ahimè, ha ben poco da dire.
La lotta più aperta, se vogliamo, è quella che avremmo considerato più scontata: la Roma dista solo 1 lunghezza dalla Juventus e, se è vero che ai bianconeri manca una partita da recuperare, la sensazione è che si stia smuovendo qualcosa. Rispetto a un albo d’oro negli ultimi anni davvero troppo monocolore, potremmo essere alla svolta: tra i campioni d’Italia e le concorrenti resta un abisso – soprattutto a livello di qualità dei primi 15-18 calciatori in rosa – ma una Roma senza la “zavorra” della Champions League potrebbe sorprendere.
Meno interessante, purtroppo, la lotta per non retrocedere. Una zona della classifica che storicamente ha sempre garantito emozioni sino all’ultimo, o quasi. Da sardo, ricordo come fosse ieri l’anno dello spareggio tra Cagliari e Piacenza, in quel di Napoli. Fu la “nascita” di una rivalità tra rossoblu e partenopei (per motivi che non sto qui a elencare), ma soprattutto l’epilogo finale di una corsa salvezza vissuta sul filo dell’equilibrio e della tensione.
Tantissime altre cavalcate verso la permanenza nella massima serie hanno reso vivo il nostro torneo sino all’ultimo. Il Palermo dell’anno scorso, per esempio. Ma gli esempi sarebbero innumerevoli.
Il problema, oggi, è che la classifica della Serie A dice altro. Non dice nulla.
Dal basso verso l’alto, Pescara, Palermo e Crotone sono tutte e tre vicine, nello spazio di 1 punto. In sé sarebbe una cosa positiva, non fosse per il ruolino di marcia: solo due volte siciliani e calabresi sono usciti dal campo con in mano i 3 punti e addirittura una volta sola ha primeggiato il Pescara.
L’altro piccolo problema è che la corsa di queste tre squadre è una corsa solitaria verso la Serie B: ben 11 punti separano la terzultima dalla quartultima e difficilmente i tre fanalini di cosa avranno nelle loro corde un colpo di reni simile. Anche perché Empoli e compagnia dovrebbero fermarsi, e pure tanto: fantascienza, o quasi.
La salvezza di rincorsa dello stesso Palermo un campionato fa potrebbe sminuire questa analisi, ma anche lì sembrò una salvezza più per demeriti altrui che per un’effettiva rinascita dei rosanero sul campo: come dire che oggi, in Italia, ti salvi perché sei il meno peggio.
La sensazione è che, insieme a una riforma seria e in senso meno elitario della Coppa Italia, la riforma dei campionati è urgente. B ma soprattutto Lega Pro e Serie D hanno cambiato formula spesso, forse anche troppo. La massima serie, invece, è rimasta sempre la stessa. Nonostante non ci siano, a oggi, risorse, strutture e parco giocatori adeguato a garantire un campionato a 20 squadre dignitoso.
Chi decide, vuole che si resti così, è una perenne difesa dell’esistente: non uno sguardo avanti, non una programmazione ma la difesa dell’esistente.
Auguri: basta che poi non ci lamentiamo di svedesi e danesi se le nostre – già salve con abbondante anticipo – biscotteranno senza pietà.