Una su tre. O due su due. Una bella Juventus batte il Milan in Coppa Italia passando alle semifinali della competizione dove incontrerà il Napoli di Sarri il prossimo marzo.
Finalmente i bianconeri riescono a battere la squadra di Montella in questa stagione. Nei due precedenti incontri, Allegri era uscito con le ossa rotte e una Supercoppa mancata. Ieri sera il toscano ha creduto nuovamente in una disposizione tattica spregiudicata che, per la seconda volta di fila, ha premiato i torinesi. Khedira e Pjanić a sorreggere l’intero arsenale a disposizione della vecchia signora con Cuadrado a tutto campo e Mandžukić centravanti aggiunto. Dirige l’orchestra il maestro Paulo.
Strano è che con uno schieramento così offensivo si sia vista la Juve più equilibrata dell’intera stagione. Merito di tutti, staff in primis. La determinazione con la quale i giocatori andavano ad occupare ogni spazio in campo è la dimostrazione di una presa di coscienza che arriva dalle viscere dello spogliatoio. La compattezza del gruppo e la grinta strabordante hanno consegnato agli spettatori paganti dello Juventus Stadium una squadra granitica, scalfita solo da un lampo di Bacca. Mini rivincita di quella lotteria di rigori che tanto brucia, ancora, ai gobbi. Il trofeo andato di traverso ha giocato un ruolo importante nell’orgoglio ferito, ma la vittoria di mercoledì sera è il proseguimento di un’idea vista e spiattellata domenica scorsa all’ora di pranzo.
La qualità al centro del progetto. L’umiltà dei campioni come cornice. Perché Higuaín che lotta al limite della propria area di rigore è un’inno al gioco del calcio. E non sotto un punto di vista tecnico, tutt’altro. Per la voglia, la voracità di successi e di vittorie che appartiene a questa società. Dopo Firenze, come già successo nell’era Conte, i bianconeri rinascono dalle ceneri di una sconfitta cocente. Ora starà ad Allegri trovare la formula giusta per mantenere i piedi per terra e non finire inebriati dal profumo del successo. Il dogma “la miglior difesa è l’attacco” ha portato bene questa settimana ma come ribadito dal Livornese in conferenza stampa dopo la partita con la Lazio: “C’è il momento in cui bisogna giocare con quattro mediani e c’è il momento che si deve giocare con cinque attaccati, è semplice”.
Nessuna idea categorica. Solo l’intelligenza di capire il momento della stagione e spaccare in due quello che è stato e quello che potrà essere, In Italia e in Europa, con il medesimo comune divisore: vincere. Perché vincere, era e sarà sempre, l’unica cosa che conta.