35 anni e non sentirli: Roger Federer continua a stupire tutti e raggiunge la finale dell’Australian Open battendo il connazionale Stan Wawrinka al termine di una lotta di cinque set.
Il campione di Basilea non si ferma più e, dopo aver battuto due top ten, non si lascia sopraffare dalla rimonta di Wawrinka e chiude il discorso al quinto set. Fin dove potesse arrivare Federer era una domanda che alla viglia un po’ tutti si ponevano visto il rientro in campo dopo 191 giorni di riposo forzato. Le risposte spaziavano: può ancora vincere, è già il più forte di tutti i tempi e non deve dimostrare nulla, a quell’età e con la concorrenza più agguerrita che mai non supererà la prima settimana, il tabellone è troppo insidioso vista la posizione in classifica e così via. La concorrenza spietata e il tabellone difficile si sono parzialmente risolti senza suoi meriti con le sorprendenti sconfitte premature di Djokovic e Murray, ma lo svizzero è andato via via crescendo in ogni partita.
I primi turni sono stati di rodaggio (un set perso di troppo contro Melzer al via), ma già negli ottavi con Berdych Federer ha dato prova di poter essere competitivo come ai tempi migliori: rovescio spettacolare, servizio con percentuali altissime e un gioco votato all’attacco e con errori ridotti all’osso. Dopo la vittoria contro Nishikori (numero cinque del mondo) però la convinzione che potesse veramente arrivare in fondo ha preso largo in tutti gli appassionati di tennis che vedono un mito non tramontare mai.
Parlando della semifinale, Federer probabilmente partiva da sfavorito soprattutto in caso di match di cinque set visto lo strapotere fisico di Wawrinka. Roger, conscio di questo problema, è partito forte, ma l’equilibrio è stato totale fino al 5 pari dove le magie del basilese hanno portato il tanto cercato break. Chiuso il primo parziale 7-5, Federer ha continuato a dare spettacolo e stavolta Wawrinka è stato costretto a cedere prima il servizio: dal quinto gioco Roger inanella tre game consecutivi che lo portano poi a chiudere anche il secondo parziale in suo favore per 6-3.
Wawrinka è nervoso (emblematica la racchetta letteralmente spaccata come un grissino a fine secondo set), ma si aggrappa alla sua forza mentale e fisica per ricaricare le pile e rimettersi nuovamente a spingere senza sosta. Federer, forse un po’ appagato dal vantaggio, cala il ritmo e questo gli è fatale: Stan non perdona, brekka due volte l’avversario e incamera il parziale con un perentorio 6-1. Roger sembra alle corde, perde il primo servizio anche nel quarto set, ma ha la forza per controbrekkare immediatamente Wawrinka e rimettere la situazione in equilibro. La parità si protrae fino al nono e decisivo gioco, momento in cui Stan allunga e va a servire per riportare il conto dei set in parità: turno di battuto mantenuto a zero e 6-4.
“Ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better” (“Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò meglio”) dice il tatuaggio sul braccio di Wawrinka: non ci fu una frase più adatta di questa; Federer non ha più il tempo materiale a 35 anni per riprovarci, la sua occasione è questa e nel quinto set dove l’inerzia pare tutta per il suo avversario scende in campo con una tranquillità mai vista. E’ forse questa tranquillità, questa classe, questo alone che lo circonda a rendere la sua vittoria così incredibile: un break nel sesto gioco infiamma il pubblico (sempre in visibilio per i suoi colpi), il Re non sbaglia più e dopo tre ore e otto minuti di gioco è “game, set and match Federer”.
Il campione elvetico proverà domenica a vincere il suo 18esimo torneo slam, record detenuto da Pete Sampras, Nadal o Dimitrov permettendo (la seconda semifinale è in programma domani). Federer ha già vinto l’Australian Open quattro volte (l’ultima nel 2010) e confermarsi a 35 anni significherebbe miracolo sportivo. La finale contro Nadal sarebbe un ritorno al passato, mentre contro Dimitrov rappresenterebbe una sfida generazionale con quello che era stato definito il suo erede. Parola al campo, la finale di domenica sarà un appuntamento storico che tutto il mondo del tennis vuole vivere per poter dire in futuro: “quella volta io c’ero, ho visto la leggenda giocare divinamente a 35 anni”.
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