Editoriali

Il grande escluso

Guardando la lista dei due quintetti che partiranno titolari al prossimo All Star Game, è palese a tutti come manchi un nome di livello assoluto, un giocatore in grado di flirtare con la tripla doppia praticamente a ogni allacciata di scarpe. Russell Westbrook, adesso, è praticamente la scheggia impazzita dell’NBA e sta dividendo, come non mai, l’opinione pubblica statunitense (e non solo). Il suo atteggiamento è interpretabile in un solo modo: da quando Kevin Durant ha lasciato Oklahoma City per trasferirsi in California alla corte di Curry, Westbrook si è perfettamente reso conto di non avere alcuna chance di poter ambire al titolo – al di là delle dichiarazioni di facciata.

Non avendo, quindi, alcuna fiducia nei compagni (ma molta in se stesso) ha deciso di mettersi in proprio ed i risultati sono pazzeschi dal punto di vista individuale: 20 triple doppie in stagione, di cui 7 consecutive (record tra i giocatori in attività), ma una sensazione comune a tutti quelli che hanno guardato OKC almeno una volta: ma davvero migliora i compagni intorno a lui, o ne facilita il compito? Ogni grande giocatore NBA, e cito LeBron James non a caso, ha il merito di facilitare le cose per i propri compagni, rendendoli migliori di quanto non siano. Westbrook, al di là delle percentuali non eccellenti e dell’alto numero di palle perse (e ci mancherebbe altro, praticamente è un 1 contro 5 continuo), non fornisce questa sensazione come altri campioni NBA fanno. Allo stesso modo, però, vale anche il contrario; siamo sicuri che giocando in maniera scolastica, OKC avrebbe vinto più partite? Io non ne sono molto sicuro, perché il materiale umano dei Thunder è di livello piuttosto basso rispetto ad altre realtà della Western Conference.

Westbrook è sempre stato una point guard accentratrice, ed è probabilmente questo il motivo per cui Durant ha preferito andare a vincere altrove invece di tentare di vincere nell’Oklahoma. Questa sua trasformazione ai livelli di Kobe Bryant nelle disastrose annate Lakers, però, potrebbero decisamente segnare una svolta nella carriera del numero 0: quali altri campioni potrebbero decidere, in estate, di andare a giocare con un giocatore dalla personalità così grande e che, in passato, non si è fatto problemi a mettere i piedi in testa a Durant, uno dei tre giocatori più forti al momento? Nelle finali del 2012 contro gli Heat di James, fu lui a rubare la scena disputando una serie finale impressionante (ma condita da scelte avventate: Westbrook è così, prendere o lasciare). Quale squadra di altissimo livello può volere un playmaker tanto forte in ormai quasi tutti gli aspetti del gioco quanto confusionaria nei finali di partita?

Se l’obiettivo di Westbrook è disputare una stagione da sogno e fare incetta di record, la strada percorsa è quella giusta. Ma se, come credo, l’obiettivo sia quello di mettersi un anello al dito da qui a fine carriera, siamo sicuri che tutto questo (nella sua magnificenza a livello cestistico) sia quello che un leader deve fare?

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Alessandro Lelli