Editoriali

Quando il cuore non basta

Ieri sera, al termine di Milan-Napoli, Maurizio Sarri è andato di fronte ai microfoni delle varie televisioni elogiando i suoi ragazzi per aver saputo portare in porto la vittoria nonostante la sofferenza patita tra il gol dell’uno a due di Kucka e il fischio finale.

In realtà, prima di dare eventualmente ragione al tecnico toscano, bisognerebbe mettersi d’accordo sul concetto di “sofferenza” e se con questa parola intendiamo il susseguirsi più o meno continuo di chiare occasioni di gol a favore degli avversari o, più semplicemente, il non riuscire a controllare la partita e, quindi, il trovarsi a subire l’iniziativa dell’altra squadra (che, però, teoricamente, può anche essere sterile).

Il motivo è presto detto: il Milan, dopo aver subito per la prima mezz’ora il pressing forsennato del Napoli e, di fatto, non essere riuscito ad arginare in alcun modo i partenopei, è salito di giri non appena gli Azzurri hanno smesso di premere altissimi, s’è impadronito del pallino del gioco e non l’ha più lasciato andare fino al 95’, quando l’arbitro ha posto definitivamente fine alle ostilità. Il problema, però, è che i rossoneri – al di là del summenzionato gol di Kucka – non hanno quasi saputo rendersi pericolosi nonostante avessero chiaramente ingabbiato il Napoli, creando pochissimi pericoli credibili alla porta difesa da Reina.

Dunque, se “soffrire” è vedere il pallone sempre tra i piedi degli avversari il Napoli ha certamente sofferto mentre se invece è vedere il proprio portiere continuamente chiamato in causa, beh, allora gli uomini di Sarri non hanno patito poi troppo. Ora, per il Napoli non è normale trovarsi di fronte una squadra che lo costringa per minuti e minuti nella propria trequarti e ciò certamente acuisce il senso di costrizione che i partenopei possono aver provato, allenatore in testa, ma anche le statistiche avanzate confermano che, alla fin della fiera, il Milan ha concretizzato al meglio quanto di buono ha saputo creare (vero che Pašalić ha preso la traversa ma la parabola del croato era lenta e leggibile: Reina sembrava essere tranquillamente in traiettoria).

Ma nonostante non sia riuscito ad andare granché vicino al pareggio, la prova del Milan resta indicativa per almeno un paio di ragioni: in primo luogo i rossoneri hanno dimostrato ancora una volta di avere un cuore enorme come risorsa principale; in secundis, poi, è lampante che il centrocampo del Diavolo è attualmente il reparto meno all’altezza dell’intera squadra (e che l’assenza di Locatelli pesa già tantissimo). Purtroppo per Montella e i suoi, però, a volte il cuore non è sufficiente: il Milan ha macinato gioco, ha controllato il secondo tempo e il finale del primo, ha costretto il Napoli a difendersi rischiando qualcosa giusto in un paio di ripartenze ma ha palesato qualche limite di troppo a livello di singoli interpreti per riuscire a rimettere in carreggiata la faccenda.

La manovra corale rossonera, del resto, non è malaccio ma non è nemmeno abbacinante come quella dello stesso Napoli nei suoi momenti migliori; però resta la sensazione che, con le risorse che ha a disposizione, Montella abbia già fatto più o meno tutto ciò che era in suo potere. Specialmente in mezzo. Eppure basterebbe un innesto qualitativo tra i centrocampisti per cambiare già di molto la musica, probabilmente (dando per scontato che tra i titolari giocherebbe Locatelli e non Montolivo, ovviamente).

Tuttavia, il merito dell’ex Aeroplanino non può essere ignorato, allo stato attuale delle cose: è riuscito a portare il suo Milan a un livello di prestazione sufficientemente alto per poter immaginare dove questo stesso Milan potrebbe arrivare se non dovesse tenere conto dei limiti strutturali impostigli dai suoi interpreti attuali. Montella ha saputo dare al Diavolo un cuore enorme tutto nuovo. Il problema? A volte non basta.

Published by
Giorgio Crico