Ogni volta che torna a Napoli, sotto al Vesuvio non si parla d’altro. Diego è tornato in città e ha colto l’occasione per sbrigare qualche affare, salutare la sua squadra e lanciare qualche frecciata. Perché se c’è una cosa che il Pibe continua ininterrottamente a fare, da quando ha trovato il proprio Nirvana nel sud d’Italia, è parlare. Non si risparmia neanche sta volta e, nell’intervista uscita ieri sulla Gazzetta dello Sport, ricorda di quando i partenopei erano forti, uniti e tutto era fantastico. E soprattutto ricorda di non averli mai “traditi”.
Ecco che ci risiamo. Di nuovo la polemica e il paragone con il centravanti della Juve. Quel core ingrato d’un Pipita che non dice nulla e pugnala alle spalle circa sei milioni di tifosi. “Tu quoque, Gonzalo, fili mi!”. E ovviamente standing ovation per quel furbastro di Maradona che si preoccupa, come sempre, di mantenere immutato il rapporto viscerale che lo lega ai napoletani. Le parole usate dal Diez sono state chiare: “Non serve a niente parlare di lui ora che è già andato via. Ha sbagliato, tramando alle spalle dei tifosi. Se avesse fatto tutto alla luce del sole, probabilmente, lo odierebbero meno”.
In pochi ricordano, però, che lo stesso Diego cercò di scappare da Napoli in diverse occasioni. E con “scappare” s’intende la volontà del calciatore di non tornare nemmeno in Italia al termine delle vacanze estive.
Il primo tentativo capitò nel 1989 quando, subito dopo la vittoria della Coppa Uefa, firmò un pre-contratto con l’Olympique de Marseille. All’epoca, il presidente Ferlaino rifiutò ogni incontro con il club francese e la trattativa, portata avanti in prima persona dal capitano azzurro, naufragò. In seguito arrivarono Scudetto e Supercoppa. Nel 1992 invece, Maradona arrivò a un asprissimo scontro con la società partenopea. Se ne voleva andare e interpellò perfino Havelange (presidente FIFA), Blatter (presidente UEFA), Julio Grondona (presidente AFA) e Antonio Matarrese (FIGC) per farsi aiutare a fuggire dalla propria realtà. Arrivò a porre dei limiti rigorosissimi nel caso di una sua permanenza in Campania, come: giocare solo le partite casalinghe, poter vivere lontano da Napoli, allenarsi da solo, la sospensione di tutti i deferimenti e avere la possibilità di andare più volte in Argentina durante la stagione.
La questione si risolse, dopo un lungo tira e molla, a settembre, con la cessione del Pibe al Siviglia. Fu grazie a Matarrese che Ferlaino si convinse a lasciarlo partire dopo mesi infernali. Insomma, chi è senza peccato scagli la prima pietra. Scappare sbraitando è tanto diverso da andarsene e basta? Ringraziare tutti per l’affetto e la stima, ricevendo in risposta solo insulti, è davvero più riprovevole che minacciare una società di cui fai parte con richieste impraticabili? Maradona si è confermato quello che è da una vita: il più forte di tutti su un rettangolo verde.
Pelusa, chi si loda, si sbroda.
Fonti: Dotsport.it