Il perché di una Coppa così
L’editoriale di ieri, sull’utilità di una Coppa Italia strutturata in questa maniera, spiegava i motivi per i quali, negli ultimi anni, ci sia sempre meno interesse da parte degli appassionati nel seguire la competizione. Le squadre più deboli sono instradate a uscire il prima possibile, mentre le più blasonate a proseguire fino in fondo. Tutto vero, ma ogni giusto processo ha bisogno di un contraddittorio.
Quali sono le ragioni che hanno portato ad avere una formula così squilibrata? Attualmente il torneo è così composto: 20 squadre di Serie A, 22 di Serie B, 27 di Lega Pro e 9 di Serie D. Ora, la palla è rotonda e il Leicester ha una toppa d’oro sulla spalla ma non si può che sottolineare l’infinito distacco che intercorre dai professionisti ai semi-dilettanti. Per quanto possa essere accattivante vedere un Juventus-Caronnese, (per carità, Caronnese-Juventus!) è più emozionante avere nelle ultime battute, almeno sulla carta, un derby di Milano. O un Roma-Napoli, o partite di quel calibro lì insomma.
Inoltre la scrematura parte da lontano. Dal 29 di luglio via alla corrida. A scornarsi per prime sono le squadre di Lega Pro e Serie D. Nel secondo turno entrano in gioco quelle di Serie B. Nel terzo le superstiti e le ultime 12 classificate della precedente massima Serie e al quarto tutte le 16 vincenti del minestrone. A questo punto subentrano le prime della classe, dalla scudettata a quella in Europa League, secondo lo schema finale dell’anno prima. In questo modo sono più probabili partite appetibili ai palati finanziari. Come sempre, il punto sta lì. La cassa di risonanza di un Inter-Bassano Virtus non è paragonabile a un Milan-Lazio. Con tutto il tifo raccolto per strada dai detrattori dei nerazzurri e dai “romantici del calcio”, paladini dei più sfortunati.
Lo scaglionamento è utile al fine di unificare il livello dei vari campionati portando, dopo numerosi incontri, le migliori, sul campo, ad affrontarsi. L’eliminazione diretta fino alle semifinali poi, mantiene quella percentuale di imprevedibilità che, invece, in un’andata e in un ritorno sarebbe notevolmente più bassa. In pochi, tra l’altro, ricordano la lunghezza del torneo. In piena estate le migliori 8 stanno, in linea di massima, preparando scontri europei e/o aspettando i propri nazionali ancora in giro per il mondo dopo Europei, Mondiali e varie manifestazioni. Sarebbero costrette a disputare incontri con rose dimezzate e in piena preparazione atletica. Alla faccia dell’assoluta correttezza!
Ancora in meno ricordano che la TIM Cup non è l’unica coppa di lega. Infatti, ad affiancare il torneo che porta in Europa League (la vincitrice è ammessa ai gironi) ci sono la Coppa Italia Lega Pro, quella riservata alla Serie D e quella per i dilettanti. Un mare magnum di trofei che ingolfano e intralciano ad ogni livello perché poste al fianco di competizioni molto più remunerative. Non è facile trovare un accordo tra così tanti interessi. Da chi lotta per un posto al sole a chi per accontentare le seconde linee. Da chi sfrutta la vetrina per guadagnare visibilità a chi la difende per avere un trofeo facile, in più, in bacheca.
L’unica Coppa che tutti vogliono e nessuno gioca ce l’abbiamo solo noi.