La solitudine di Bacca
Al minuto ottantotto di Milan-Cagliari Carlos Bacca ha avuto la prima nitida palla gol della partita e ha fatto il suo mestiere nel migliore dei modi: ha buttato il pallone in porta, segnando l’1 a 0 di una partita ormai incanalata verso uno scialbo pareggio a reti bianche che avrebbe deluso tutti i tifosi milanisti, anche a causa della sua prestazione.
I punti fondamentali sono due: il perché la prima vera occasione sia arrivata solo nel finale e il perché la prestazione di Bacca sia stata sostanzialmente insufficiente. E sono strettamente collegati.
Carlos Bacca è un animale da area di rigore, ha l’istinto dei grandi goleador, difficilmente sbaglia due occasioni di fila e tendenzialmente segna nonostante i pochi palloni giocati. Non è, però, quello che in questi tempi moderni tendiamo a chiamare il “nove moderno”, ossia la prima punta che sa fare sia reparto da solo e sia dialogare con la squadra sulla trequarti, aiutando lo sviluppo della manovra offensiva. Non è né Higuaín e né Lewandowski, per capirci. E nemmeno lo Džeko di quest’anno. È Carlos Bacca, una versione più coordinata e con meno cattiveria agonistica di Filippo Inzaghi. E, come tale, ha bisogno del supporto della squadra.
Questo Milan, però, non ha lo stile di gioco adatto a valorizzare le sue caratteristiche. Il 4-3-3 con due mezzali e due ali che partono molto larghe lo lascia spesso da solo in mezzo ai due centrali, con compiti da “nove moderno” che non ha nelle sue corde, tipo quello di tornare sulla trequarti per allargare il gioco su Suso o Niang. Non è un caso che le migliori prestazioni in maglia rossonera Bacca le abbia fatte con un’altra punta di fianco, Luiz Adriano a inizio stagione scorsa quando si provò il 4-3-1-2 e Niang dopo quando Mihajlović passò al 4-4-2. Se gioca da solo non riesce a esprimersi, si intristisce e diventa indolente. E da indolente gioca male, contro voglia e, sostanzialmente, in maniera insufficiente, come si è visto ieri nella sfida contro il Cagliari.
L’ingresso di Lapadula al suo fianco l’ha rivitalizzato, perché gli ha dato un compagno su cui appoggiarsi e su cui trovare un supporto nei duelli con i due difensori centrali, l’ha liberato da compiti che non è in grado di fare (Lapadula, per quanto inferiore tecnicamente, è molto più adatto a quel tipo di manovra) e ha fatto in modo da regalargli quell’unica, fondamentale, palla gol al minuto ottantotto, che ha permesso al Milan di vincere in extremis.
Montella avrà tutte le sue ragioni figlie della continua ricerca di equilibrio in mezzo al campo e finora sta avendo ragione, ma criticare Bacca per delle prestazioni negative fatte con un gioco non consono alle sue caratteristiche è da pazzi. Anche Filippo Inzaghi, entrato nella storia del Milan, faticherebbe in questi schemi. Sono giocatori che hanno bisogno di supporto, di dialogare con i compagni, di avere la possibilità di fare solo il loro mestiere: segnare. A Siviglia Bacca aveva due ali che a turno si inserivano al suo fianco e un trequartista alle spalle in grado di metterlo davanti al portiere, in questo Milan — al momento — ha due ali che vanno sull’esterno e tentano il cross. Una bella differenza.
Carlos Bacca non è scarso. Carlos Bacca è solo. Troppo solo.
Trovare una soluzione che non complichi gli equilibri della squadra e che permetta al colombiano di fare al meglio il suo lavoro è un compito che Vincenzo Montella dovrà trovare al più presto, se vorrà portare davvero in alto questo Milan.