Un rinnovo più che meritato, per quanto fatto in questi anni a Napoli e – soprattutto – per l’exploit di queste ultime giornate. Dries Mertens rimarrà in azzurro fino al 2021: il piccolo fenomeno di Leuven, l’esatta dimostrazione di come un calciatore possa trasformare il proprio stile a seconda delle necessità. Dopotutto, è la legge di Darwin che lo impone, no? Chi sa adattarsi alle situazioni, e riesce a risolvere i problemi, diventa in grado di superare ogni difficoltà.
Il ko di Milik, in quel di Napoli, aveva creato nella città partenopea la classica paura di non riuscire più a gestire il complesso di inferiorità che sta caratterizzando questo periodo fatto di un dualismo con la Juventus incrementato dall’incapacità di competere davvero con la vecchia signora. Milik doveva far dimenticare il Pipita. Ci stava riuscendo, poi il crack al ginocchio ha complicato maledettamente le cose.
Con Sarri che ha dovuto trovare una soluzione. Gabbiadini non ha esaltato, lo sappiamo tutti, e Pavoletti arriverà a gennaio. Nel frattempo, c’era da trovare un nuovo centravanti, uno che fosse in grado di spostare gli equilibri, inquadrare facilmente la porta, insomma: uno di quelli che, messo là davanti, facesse semplicemente gol.
Carburare: non è stato facile per Mertens. Un ruolo, quello disegnatogli da Sarri in questi tre mesi privi di Milik, che inizialmente non sembrava proprio l’ideale per un ragazzo che agli esordi della sua carriera non ha assolutamente avuto vita facile. Il perché è evidente: brevilineo, tecnico sì, ma gracile. Per più di qualcuno, in Belgio, non adatto al calcio moderno.
Nasce a Leuven, Mertens, ma cresce calcisticamente a Nerpeede, il quartier generale dell’Anderlecht. Tecnicamente, uno dei migliori dell’annata 87, però… quello biancomalva, club sempre lungimirante quando c’è da scovare talenti, stavolta non fa la scelta giusta. E così, dalle giovanili dell’Anderlecht finisce a quelle del Gent, dove continua il periodo di crescita in un periodo in cui i buffalos sono in pieno divenire, perché sono gli anni in cui la società sta provando a fare il salto di qualità nazionale e internazionale. Gent, sì, ma stessa musica: troppo basso, troppo gracile, e per i dirigenti della Gantoise, meglio darlo in prestito. Mertens, però, capisce che è meglio cambiare aria: quel tipo calcio non fa per lui, intuisce che tra Fiandre e Vallonia c’è uno stile di gioco incentrato sul cannoniere, sull’attaccante di peso, e decide di espatriare.
L’Olanda. Dietro l’angolo, è vero, ma con un calcio completamente diverso. Nel 2006, l’approdo all’Apeldoorn, nella cadetteria olandese: numeri ottimi per un 20enne, 30 gol in 108 partite, quasi una rete ogni tre gare. Ed è solo l’inizio di una carriera olandese in cui vestirà anche le maglie di Utrecht e Psv Eindhoven. Qui, il salto di qualità definitivo, con la Coppa e la SuperCoppa d’Olanda, una marea di assist (33), e 37 gare in 62 partite: una rete ogni due gare.
Nel 2013, l’approdo in punta di piedi a Napoli. Città di cui si è innamorato, e che si è innamorata di lui pian piano, con l’esplosione d’amore definitiva in questa stagione iniziata con la doppietta al Pescara, e soprattutto in questo dicembre che ha regalato al ragazzo di Leuven 8 gol in tre partite. Mostruoso, Dries. Attaccante vero, altro che quel falso nueve che sembrava il ruolo originale a cui era destinato, dopo la rottura di Milik. E ricordiamoci la doppietta al Benfica di settembre: calciatore internazionale, completo. Punta esterna sì, ma se perfino Martinez, neo tecnico del Belgio post europei, lo sta provando spesso al centro dell’attacco in luogo di un Lukaku non sempre impeccabile, ci sarà un motivo. A gennaio, con l’innesto di Pavoletti, chissà. Di certo, a Napoli tutti sanno che vige da secoli una legge scaramantica che impone di mantenere le cose obbligatoriamente come stanno se vanno bene. E Sarri, seppur con l’accento toscano, seppur sia solo nato a Napoli, è un qualcosa che forse forse, non ignorerà…