Editoriali

Nel segno di Rino

Quando è entrato al derby di un paio di domeniche fa San Siro ha risposto con un boato. Quando l’Inter ha pareggiato all’ultimo minuto di recupero si è messo a piangere per il dispiacere. I tifosi dell’Inter, non capendo, ci hanno anche riso un po’ su, sbeffeggiando la curva rossonera per aver esultato all’ingresso in campo di Gianluca Lapadula, avessimo detto Andriy Shevchenko.
Ma è proprio questo il punto: Lapadula non è e non sarà mai uno Shevchenko, ma piuttosto potrebbe diventare un Rino Gattuso, che è ciò che più mancava al tifoso milanista.

Gattuso non è mai stato quel tipo di giocatore che faceva sognare i tifosi o sul quale si riponevano le speranze di vittoria di una partita o di un titolo, ma ci metteva quella rabbia, quella voglia, quella fame che il tifoso voleva vedere sul campo da gioco. Se Shevchenko, Rui Costa, Pirlo e Kaká erano degli scultori di marmo, Gattuso era un fabbro che batteva forte sul ferro ancora caldo. E Gianluca Lapadula ogni volta che fa un passo sull’erba di San Siro sembra battere forte sul ferro bollente, sembra voler azzannare le gambe dell’avversario, sembra voler mangiare il pallone, l’erba, la rete.

Non è bello da vedere, è sgraziato, ha il fare un po’ tamarro con i guanti, le maniche corte, i calzettoni abbassati e i capelli pieni di gel, ma non molla mai su nessun pallone, è sempre il primo a far partire il pressing, a spronare gli avversari, ad aizzare i tifosi. È un Gattuso 2.0, con altre caratteristiche e un’altra carriera, per carità. Magari — lo diciamo per lui — il buon Lapadula vincesse la metà di quello che ha vinto Rino nella sua carriera.
Ma nel suo piccolo, nei suoi soli 4 gol in una manciata di minuti di questa Serie A è riuscito in quel che molti dei suoi predecessori avevano fallito: è entrato nel cuore del tifoso rossonero. E vedendo il trattamento riservato ai vari Montolivo, De Sciglio e il Niang visto ieri, non è cosa così scontata.

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Francesco Mariani