Home » Un autunno che guarda al futuro

Marco Iacobucci EPP / Shutterstock.com

Non è senza emozione che dedico questo editoriale al rugby. Mi hanno insegnato che non bisogna essere autoreferenziali, ma MondoSportivo si abbina a un’informazione che si guarda attorno e va oltre il calcio.

Calcio che, intendiamoci, non demonizzo; lo ritengo, anzi, imprescindibile quando si vuole fare seria informazione sportiva: è la disciplina più praticata, diffusa e seguita nel nostro paese e nel mondo, è Italia. Però c’è anche dell’altro ed essere sportivi significa accorgersene: uno sport può dialogare con l’altro, si trovano similitudini, punti di contatto e differenza.

Siamo sportivi ma siamo anche Mondo, soprattutto. Si cerca di non essere italocentrici, o di esserlo non oltre il minimo sindacale. Un po’ è fisiologico, abitudine, interesse come “parte in causa”; ma ci si prova, a parlare di calcio e di “altri sport” nella maniera più terza possibile.

In questo caso, parlando di rugby, va confessato che nelle ultime settimane ci siamo italocentrici per davvero.

Tantissimo: l’Italia si giocava una grossa fetta di credibilità, la squadra più forte del pianeta veniva a Roma, gli azzurri sfidavano tabù e paura. Sacrosanto, allora, concentrarsi soprattutto sul nostro movimento, il suo stato di salute (?), la sua crisi ma anche il suo orgoglio speranzoso.

Al netto d questo, qualcosa è successo: tantissime nazionali hanno viaggiato. Un tour sull’altro; che bello: Stati Uniti e Tonga hanno dato una scossa e il giusto riconoscimento alla realtà spagnola in crescita, le stesse Tonga e Sudafrica hanno fatto compagnia agli All Blacks nel Belpaese.

Gli stessi neozelandesi, n. 1 del ranking, hanno omaggiato per la seconda volta negli ultimi anni il continente nord-americano; gigante dormiente – ha detto certa stampa anglosassone – dell’ovale mondiale. Certo un contesto in evoluzione e in pieno cambiamento: lega professionale (chiedete a Mirco Bergamasco) fresca fresca, idea Pro 12 ad animare il recente dibattito. E il sogno proibito di chi scrive: allargare agli Stati Uniti il 6 Nazioni, aprirsi a un mercato potenzialmente sconfinato. Un mondo che sa come confezionare lo sport come prodotto, ma anche come viverlo al massimo della competizione: la strada è ancora lunga ma le affluenze registrate nei test match promettono bene.

Pure qui, è questione di equilibrio: tra movimento locale e necessità di far giocare all’estero i migliori atleti, tra contatto, collaborazione ma inevitabilmente anche invidia e rivalità con altri sport. Altri codici (verosimilmente, Canada e USA organizzeranno la Coppa del Mondo di rugby league 2025), altre varietà di quel football che alle tante latitudini sa distinguersi in diverse discipline. Nel mio mondo ideale (ma pure nei progetti di qualcuno…), l’estremo Ovest del futuro X Nazioni.

Il numero mettetelo voi, se volete: 7 ma anche 8, visto che il confine orientale può diventare la Georgia. Ne abbiamo già parlato ma il problema è che come numeri, risultati e presenza i georgiani parlano da sé: non so cosa manchi loro – se non l’appeal come mercato – per poter entrare nella competizione annuale più antica del mondo. Perché poi, nonostante la polemica a distanza con Parisse, i Lelos fanno quel che devono: spazzano via tutto e tutti nell’Europeo, sono presenza dignitosa anche contro nomi storici del rugby.

In questi End of Year Internationals: ko 22-28 in casa col Giappone (altra potenza ormai pronta al grande salto…), 20-16 sulle Samoa sempre a Tbilisi e ora la trasferta in Scozia a Kilmarnock. Ma l’obiettivo sul lungo periodo è Murrayfield, fra inverno e primavera, magari con la pioggia: seguiamoli perché la crescita della Georgia non ci dà fastidio e anzi ci sprona a migliorare.

Nel resto dei test, tanti incroci un tempo impensabile. Dal doppio successo dell’Italia Emergenti sugli scozzesi dell’Heriot’s Rugby Club a Spagna-Tonga, per non parlare di Portogallo-Belgio, Germania-Uruguay o Cile-Corea del Sud.

Non tutte sullo stesso livello ma certo ad allargare la carta geografica di questo sport. E ora il salto di qualità, una riforma dei tornei internazionali e l’allargamento del rugby che conta: altrimenti miglia in aereo, tournée e tavole rotonde non saranno servite a nulla.

Noi ci siamo.

Vediamo gli altri.