Editoriali

Nel segno del Gallo

II ricambio generazionale finalmente è concreto. Ventura è stato chiamato alla guida dell’Italia soprattutto per la sua esperienza nel lanciare i giovani: chiaro che lui, al momento, stia semplicemente raccogliendo i frutti del lavoro altrui. Il Milan, per un motivo o per l’altro, è stato costretto a investire in maniera pesante sui giovani e qualche gioia, alla nazionale, la sta dando: la Juventus è da anni attenta sul mercato e ha opzionato vari talenti emergenti. Per non parlare poi della Roma, dell’Atalanta, del Torino e dei tanti vivai che ogni anno sfornano calciatori acerbi, in attesa di essere sgrezzati e lanciati con continuità nel calcio che conta.

Chi di gavetta ne ha fatta parecchia, in questi anni, è Andrea Belotti. Sin da quando vestiva la maglia rosanero del Palermo si poteva intravedere qualcosa di diverso dalla media: letture adeguate e, di conseguenza, movimenti corretti quando c’era da attaccare la porta. Questo, abbinato a un fisico imponente e una cattiveria agonistica fuori dal comune, l’hanno portato alla ribalta tanto da convincere il Torino a puntare forte su di lui. In questo momento i granata rappresentano esattamente la dimensione perfetta del Gallo: un club attento ai giovani ma anche ai risultati, in una città in cui si respira calcio dalla mattina alla sera ma in cui c’è anche la possibilità di sbagliare senza essere messi alla gogna. Chiaro che non stiamo parlando di Robert Lewandowski o di Luis Suarez, ma la carta d’identità è decisamente dalla sua parte – è un dicembre 1993, quindi i margini di miglioramento ci sono ancora, soprattutto dal punto di vista della consapevolezza.

Dieci presente in campionato condite con 8 gol, una rete ogni 103 minuti che già così farebbero pensare a un giocatore fatto e finito, qualcuno che ha raggiunto il suo potenziale massimo. In realtà ciò che sorprende di Belotti è proprio questo: nonostante numeri di questo calibro, a livello di gioco può ancora migliorare sotto tanti aspetti che non siano quello realizzativo, in cui già eccelle. I rigori, per esempio, ma anche la capacità di far salire la squadra nel momento del bisogno: tutte caratteristiche migliorabili che, in ottica futura, faranno la differenza tra una buona punta e il titolare della Nazionale italiana.

Dovrà dimostrare di essere abbastanza intelligente da capire quale sarà il momento giusto per andare in una big. Il rischio, qualora facesse il passo più lungo della gamba, è di ritrovarsi in panca stile Gabbiadini, chiuso prima da un mostro sacro del gol come Higuain e, successivamente, apparso arrugginito dalle tante panchine degli scorsi 18 mesi. Per non parlare di Immobile che, nelle sue esperienze all’estero tra Borussia Dortmund e Siviglia, ha fallito per poi ritrovare continuità prima al Toro e poi alla Lazio.
Ieri, con quella girata di potenza, poteva seriamente portare l’Italia alla vittoria contro la Germania: soltanto il palo l’ha fermato dall’essere l’uomo copertina anche con la maglia azzurra e non solo con quella granata.

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Alessandro Lelli