Farla fuori dal Müller
Caratteristica intrinseca dell’essere umano è la fallacia. Nessun uomo è mai riuscito a portare a termine la sua vita senza mai sbagliare; l’imperfezione è probabilmente il tratto distintivo più notevole in assoluto della nostra specie. Anche i calciatori sono esseri umani e, conseguentemente, fanno errori (chi più, chi meno). Non solo in campo ma anche – e soprattutto, forse – fuori.
Thomas Müller è un calciatore meraviglioso e, a quanto pare, un ragazzo molto divertente nonché palesemente fuori come un balcone. Un fantastico pazzoide, in sintesi. Però anche il Raumdeuter, come lo chiamano dalle sue parti, è un essere umano e può quindi capitare anche a lui di dire vaccate colossali, l’ultima delle quali l’altra sera, dopo che la sua Germania ha asfaltato senza troppo sforzo San Marino.
L’attaccante tedesco ha infatti sostenuto con discreta forza l’inutilità di fondo che c’è nel fare giocare una nazionale blasonata come la Germania contro una delle compagini più scarse del pianeta, cioè quella di San Marino. Al posto dei rappresentanti della Serenissima avrebbero potuto esserci i maltesi, gli andorrani, i portacolori di Gibilterra o del Liechtenstein (tra l’altro impegnato contro l’Italia ieri): è il concetto che conta, non tanto quale sia e quanto sia scarsa la “nazionale scadente” che glielo ha ispirato. Müller ha anche chiosato, come riporta Fox Sports Italia, che partite contro squadre del genere non hanno nulla a che vedere col calcio professionistico.
È difficile dire cosa ci sia di più sbagliato nello sfogo del giocatore del Bayern anche se, probabilmente, il peggio è proprio la chiusura finale in cui dissocia le gare contro le squadre materasso dalla sua idea di professionismo. No, non c’entra la retorica insopportabile che vuole che “dietro ogni partita si nasconde un’insidia”, o che “non esistono più squadre materasso”, oppure che “il calcio andorrano ha fatto passi da gigante”, o anche “il mister di Gibilterra è un guru difensivo nel suo paese” etc etc. Contro San Marino l’esito è sempre scontato. Soprattutto se sei la Germania.
Ma la frase resta infelice e anche un po’ strana, visto che è stata detta da un ragazzo che un po’ di gavetta l’ha fatta e che è arrivato più o meno per caso e per necessità (leggasi: infortuni dei titolari) a giocare nella prima squadra del Bayern. Quindi, tra tutti i calciatori attualmente al top, Müller è anche uno dei pochi a conoscere benissimo i meccanismi del calcio minore, visto che l’ha frequentato fino ai vent’anni.
Ora, non è chiarissimo che partite siano professionalmente accettabili secondo il buon Thomas, ma – in realtà – il dovere di un calciatore professionista in senso stretto è affrontare al massimo ogni impegno che gli si para dinanzi con la stessa applicazione. Più o meno l’opposto di quanto sostiene lui. Che poi è anche il contrario esatto di quel che pensa chi invece parteggia per quell’insopportabile idea dell’evitare le goleade perché lesive (?) della dignità (???) dell’avversario (ambito in cui, invece, la Germania non pare avere problemi).
In secondo luogo, la UEFA riconosce San Marino come Nazionale. Lo dice l’istituzione competente, non ci dovrebbero essere discussioni a riguardo.
Peraltro, la FIFA e l’UEFA per decenni non hanno riconosciuto alcune ad Nazionali minori il diritto di entrare nei suoi ranghi e quindi partecipare alle qualificazioni per i Mondiali e gli Europei, anche se non si è mai capito il perché: fin dalla sua fondazione, l’istituzione europea ha ammesso al suo interno Islanda e Lussemburgo che nel 1954 erano squadre materasso tanto quanto San Marino e Andorra oggi, così come a inizio anni 60 accolse Cipro e Malta, ancora oggi non proprio irresistibili. È senz’altro più corretto come funziona adesso: se uno stato sovrano ha una sua rappresentativa e chiede di poter partecipare ai tornei di calcio internazionali ufficiali è sacrosanto che il massimo organo calcistico continentale lo accolga perché – retorica facilissima a parte – senza competizione non c’è sport ed è la base stessa dello sport che chiunque possa competere (anche se vincere è tutta un’altra cosa).
Il parere di Müller è totalmente fuori luogo: se la UEFA dice che San Marino ha diritto di partecipare, San Marino partecipa punto, com’è giusto che sia. E, in maniera altrettanto giusta, rimedia anche sonore legnate più o meno da chiunque.
Ma anche relativamente a questo secondo punto è difficile capire fino in fondo di cosa si lamenti il Raumdeuter: perché accetta con serenità di giocare i primissimi turni di Coppa di Germania contro squadracce di livello infimo, a volte addirittura esplicitamente amatoriali e poi invece giocare contro San Marino non va bene ed è lesivo della dignità di un calciatore professionista? Chissà. Volendo pensare male, forse è perché le partite di coppa nel periodo estivo servono a trovare la forma migliore il prima possibile mentre invece gli impegni contro Nazionali scarse a metà anno non offrono vantaggi immediati…
L’attaccante tedesco ha infine espresso preoccupazione circa il calendario già molto fitto e il gioco duro, ammettendo di capire che però quest’ultimo è l’unico mezzo che squadre di livello molto basso possono avere per provare a limitare i danni contro avversari comunque inarrivabili. La considerazione da fare in merito è molto semplice: se Müller ha paura di farsi male contro San Marino o non ha voglia di accettare la convocazione perché “c’è un avversario non all’altezza”, può sempre chiedere a Löw di lasciarlo in panchina o di non chiamarlo proprio, visto che il CT teutonico un altro che ha voglia di giocare con la Nazionale al suo posto lo può trovare facilmente.
Non sapremo mai se le parole del biondo Thomas siano frutto di una rosicata memorabile perché, su otto gol segnati dai suoi, lui non è riuscito a segnarne nemmeno uno (anche se almeno un assist l’ha fatto) o se fosse semplicemente irritato perché ha preso più di un calcione dagli avversari di serata o, ancora, se stesse invece invidiando qualche compagno che non ha preso parte alla spedizione. Ciò però non toglie che, a prescindere dalle motivazioni, Müller l’ha fatta fuori dal vaso dando voce a un’anima provinciale della fantastica Germania contemporanea che, francamente, un po’ sorprende. E stride non poco con l’immagine della Mannschaft che si ha normalmente.
Anche se, alla fine, siamo contenti di scoprire che sono umani anche loro.