Napul’ eh?
Strano, ciò che sta succedendo in casa azzurra. Una squadra con grandi individualità, e con un professore di calcio alla guida, non in grado di dimostrare sul campo il proprio potenziale. Il punto chiave, l’infortunio di Milik. Da quando il tendine del polacco ha fatto crack, in casa Napoli è iniziata a regnare la confusione. Il perché è evidente: si credeva che gli azzurri potessero fare a meno di un attaccante vero, là davanti, soprattutto in seguito alla cessione di Higuaín, ma c’è voluto poco per capire che non fosse così. È bastato privare Sarri di Milik per rendersi conto che – nonostante gli elogi volti al tecnico dei partenopei in grado, secondo molti, di riorganizzare la squadra e renderla più efficace e meno ‘dipendente’ dal singolo – un uomo là davanti serve maledettamente.
Gabbiadini. Era il suo momento. Finalmente, non aveva nessuno davanti. L’anno scorso, la scusante Higuaín reggeva bene; l’ex attaccante di Atalanta e Sampdoria doveva accontentarsi di segnare in Europa League, e in effetti il suo lavoro sembrava riuscirlo a fare senza problemi. Con un Pipita là davanti, tutto era giustificato. Tutto era giustificabile. Andato via l’argentino, Manolo comunque non è partito in pole: Milik, più giovane e più internazionale, gli ha fatto le scarpe, forse anche grazie a quella vetrina europea che lo ha portato una volta per tutte alla ribalta (nonostante cose non sempre grandiose fatte in Francia, va detto). E così, braccia larghe, sospironi, sguardo basso, e ancora scampoli di partita per Gabbiadini, fino… alla rottura del crociato del polacco. Ovvero quando tutta Napoli, tutt’a un tratto, è sembrata urlargli: “Vai, Manolo! Tocca a te! E’ il tuo momento!” Era il suo momento. Sembrava, il suo momento.
Titolare con il Crotone, rosso per un inutile fallo di reazione: due di squalifica, e adesso che è tornato a disposizione Sarri gli preferisce addirittura Mertens. A Gabbiadini, in sostanza, è rimasto incredibilmente il colpo in canna proprio quando avrebbe dovuto tirar giù tutto l’arsenale.
Mertens, dunque. Il folletto belga ha un talento che si taglia a chili, ed è puro millemila carati. L’unico suo vero problema, in questo periodo, è che non è una prima punta. Sarri sta puntando sull’attacco leggero, sperando di riuscire a eliminare una volta per tutte la dipendenza da centravanti che affligge il suo Napoli, e seppur sia vero che qualche risultato lo stia ottenendo (la ritrovata vena realizzativa di Hamšík ne è un esempio) è soprattutto vero che questo tipo di esperimenti non si può fare in corso d’opera. Andava fatto prima dell’inizio della stagione, utilizzando quelle amichevoli estive che con il passare del tempo stanno diventando sempre più semplici sgambate per trovare il prima possibile la condizione.
Milik si è infortunato, e allora? Può capitare. Ovvio, ma questo Napoli, a conti fatti, è incompleto. La reiterata volontà di puntare su Gabbiadini come vice non sta pagando; forse, però, c’era necessità di capirlo prima che il buon Manolo potesse trovare difficoltà nell’erigersi a leader dell’attacco partenopeo. Un problema di testa, forse, che sfocia in un carattere eccessivamente timido per uno che dovrebbe fungere da trascinatore, e avere in corpo di tutto: dalla fame di gol di Higuaín alla voglia di esplodere nel nostro campionato di Milik. Un problema che Gabbiadini sta vivendo, e che Sarri sta constatando di domenica in domenica.
Infine, Insigne. Altro elemento che non gira come dovrebbe, forse per un rinnovo che non arriva, forse perché sente il peso di una piazza che da lui, scugnizzo, vorrebbe molto di più. Lui la personalità ce l’ha, il talento? Figuriamoci. Deve solo calarsi meglio nella parte, forse, oppure trovare un’intesa migliore con i compagni e soprattutto con chi lo mette in campo. Un Sarri che sta testando, sta provando cose su cose, per tirare fuori dalle sabbie mobili questo Napoli che più si muove, più cerca di fare cose buone, e più finisce clamorosamente nel pantano. Sapendo che, di contorno, c’è puntualmente un De Laurentiis pronto alla sfuriata.