Dopo la prima puntata della nostra rubrica “Alla scoperta dei giovani talenti della Lega Pro”, che ha visto come protagonista il calciatore del Fondi Ivan Varone, è il turno di un giovanissimo classe 1997. Si tratta di Federico Zenuni, centrocampista italo-albanese di proprietà del Torino ma in prestito al Tuttocuoio. Trequartista atipico, come lui stesso si definisce, sa abbinare tenacia e tecnica, rivelandosi prezioso sia in fase di contenimento che in quella di appoggio. Giocatore duttile, visto che può giocare anche da mezzala o attaccante esterno, è un calciatore sul quale si nutrono molte speranze per il futuro.
Ciao Federico. Parlaci dei tuoi esordi: dove e quando hai cominciato a dare calci a un pallone?
Ho iniziato a sei anni, in prima elementare praticamente, con la scuola calcio del Torino. Da lì, grazie anche al responsabile del settore giovanile Benedetti, che mi ha fortemente voluto, è cominciato il mio percorso in maglia granata. Una trafila durata tredici anni che mi ha permesso di arrivare fino alla Primavera e di conquistare uno Scudetto due stagioni fa.
Per la crescita di un calciatore si dice spesso che la famiglia sia un valore aggiunto. Quanto è stata importante per te? Ci parli un po’ di loro?
Devo molto alla mia famiglia. I miei genitori decisero di andarsene dall’Albania perché c’era la dittatura e non si poteva vivere bene. Inizialmente mio padre si stabilì a Reggio Calabria; poi, approfittando del fatto che anche i meridionali emigravano al nord, decise di partire alla volta di Torino. Una volta trovato un lavoro stabile, lo raggiunse anche mia madre assieme a mio fratello più grande. Anche mio fratello, che ora ha 25 anni, ha avuto una carriera calcistica: ha fatto la Berretti con la maglia dell’Alessandria e ha assaporato la C con L’Aquila. Poi però, complice il suo status da extracomunitario – lui, a differenza mia, è nato in Albania – non sono riusciti a tenerlo e ha deciso di dedicarsi ad altro. Tra poco si laureerà in Ingegneria energetica.
C’è un calciatore a cui ti ispiri di più?
Mi piace molto Nainggolan, sia per le qualità tecniche che per il ruolo che ha. Spesso vengo impiegato, proprio come il centrocampista belga, come “trequartista atipico”. Di lui mi piace la grinta che mette su ogni pallone e la sostanza, abbinata alla qualità, che gli permette di svolgere nel migliore dei modi quel ruolo.
C’è un calciatore che hai affrontato da avversario e che secondo te avrà un sicuro avvenire?
Cassata della Juventus. Adesso gioca in B, nell’Ascoli, e sono convinto che avrà un futuro radioso davanti a sè. Pur essendo stato un avversario, ho sempre ammirato come giocava.
Qual è stato l’allenatore a cui sei più legato, durante tutti gli anni trascorsi con la maglia del Toro?
Devo molto all’ultimo allenatore che ho avuto, Moreno Longo. Ha creduto in me, prendendomi dalla Berretti e schierandomi titolare già il primo anno di Primavera, pur essendo sotto età. Non era facile perché fino alla Berretti e Allievi sei uno dei tanti. Mi ha dato un’identità e mi ha fatto fare un anno da protagonista. Il nostro era un modulo spregiudicato, un 4-4-2 che si trasformava spesso in 4-3-3 in fase offensiva. E io ero proprio l’anello di congiunzione tra questi due moduli.
A proposito di Primavera del Torino. Nella stagione 2014/15 avete vinto lo Scudetto contro la Lazio, in una partita soffertissima terminata ai rigori. Quali sono state le tue emozioni?
È stata una gioia davvero indescrivibile. Mi ricordo solo le facce dei miei compagni, perché io non realizzavo realmente cosa stesse succendendo. Abbiamo vinto ai rigori a oltranza, nella maniera più sofferta ma forse più bella, vendicando l’anno precedente in cui avevamo perso proprio dal dischetto.
Quali sono state le principali differenze tra questo anno – il tuo primo nei professionisti – e i precedenti?
La differenza c’è stata e l’ho notata subito, fin dai primi allenamenti. In Lega Pro ci sono un’intensità e una determinazione differenti, perché questa è una categoria difficile e sai bene che devi impegnarti al massimo perché rischi di scendere nei dilettanti. Devi essere sempre concentrato, dare tutto te stesso.
Ci puoi descrivere la tua nuova squadra, il Tuttocuoio?
Il Tuttocuoio è una bellissima realtà: è una società che punta molto sui giovani, facendoli giocare e dandogli fiducia. Questo ci consente di avere la possibilità di crescere senza troppe pressioni. Il Tuttocuoio è una grande famiglia, dove ad esempio il medico ti viene a trovare a casa a controllarti e a darti le medicine. Mi sono ambientato subito, non poteva essere altrimenti.
Quali obiettivi hai, personali e di squadra, per questa stagione?
Noi puntiamo chiaramente alla salvezza e a raggiungerla il prima possibile. Personalmente il mio obiettivo primario è continuare a dare il massimo, cercando di giocare e crescere. Spero di trovare un Federico cresciuto rispetto a quello che è arrivato.
Per poi magari fare ritorno al Torino, un domani.
Magari! Mi piacerebbe molto tornare al Toro, sarebbe un sogno. Mi dà uno stimolo importante vedere giovani come Belotti, Benassi e Baselli che si stanno ritagliando un loro spazio in maglia granata. Mihajlović è uno che cura molto questo aspetto, andando a visionare anche la Primavera quando può.
Capitolo Nazionale. Sei nato in Italia ma hai scelto, almeno per il momento, quella albanese.
Sì, anche se avevo cominciato con la maglia dell’Italia, nell’under 15. Poi ho avuto un bruttissimo infortunio all’anca, che mi ha tenuto fermo per qualche mese, e così ho perso quel treno. Quando si è presentata la possibilità di entrare a far parte della Under 17 albanese non ho avuto esitazioni: ho partecipato a un Campionato Europeo e siamo riusciti anche a qualificarci per la fase finale, una vera e propria impresa.
Per il futuro guardi ancora all’Albania?
Io mi sento sia italiano che albanese. Sono nato e cresciuto qui, a Torino ho imparato a giocare a calcio. Ma la mia famiglia è albanese e sapere mio padre orgoglioso di me mentre indosso la maglia della Nazionale Maggiore è un ulteriore stimolo. So che De Biasi e Tramezzani si informano su di me e sugli altri giocatori di prospettiva, ma io devo pensare soprattutto a fare bene. In futuro non escludo nulla: se si presenterà il bivio tra Nazionale italiana e albanese, sceglierò con calma.
In attesa del “tuo derby”, lunedì c’è quello contro il Pontedera.
Un derby non è mai una gara come le altre. Lo so bene, di derby ne ho fatti tanti, in città si respira un’aria diversa. È una gara particolare e insidiosa, speriamo di ottenere i tre punti, sarebbe importantissimo dopo la sconfitta casalinga contro la Cremonese di domenica scorsa.