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Il Gran Premio del Messico nella storia: una doppia vittoria

Con il Gran Premio di domenica inizierà il contro alla rovescia verso la conclusione del Mondiale e sarà il Messico a inaugurare il trittico di gare destinate a chiudere la stagione, il 27 novembre, ad Abu Dhabi. La nazione centro-americana vanta una ricca tradizione motoristica, testimoniata anche dai fratelli Rodríguez, a cui il circuito è dedicato, ma il suo rapporto con la Formula 1 ha spesso subito delle lunghe pause.

Dal 1963, anno del suo esordio nella serie regina degli sport motoristici, al 1970 il Gran Premio del Messico rappresentò un appuntamento consueto del calendario. Nel 1971, complici condizioni atmosferiche problematiche per vetture e piloti, scomparve dal Mondiale per rientrarvi dopo 15 anni, nel 1986. La sua presenza nel Mondiale ebbe però vita breve: solo 6 anni e 7 competizioni. L’ultima edizione si svolse infatti nel 1992 e trascorsero ben 23 anni prima che il circuito messicano ritornasse sulle mappe della Formula 1, con la competizione dell’anno scorso vinta da Nico Rosberg.

Fra il primo e il secondo ritorno spicca un’analogia che lega i piloti saliti sul gradino più alto del podio: la comune lingua tedesca. Nel 1986 fu infatti l’austriaco Gerhard Berger, al volante della Benetton, a transitare davanti a tutti sotto la bandiera a scacchi, cogliendo un doppio primato. Si trattò infatti della sua prima vittoria in Formula 1 e della prima per la scuderia anglo-italiana, e, per uno strano caso del destino, 11 anni dopo, all’Hockenheimring, sia il pilota, prossimo al ritiro, che il team avrebbero festeggiato il loro ultimo successo in Formula 1.

L’inaspettato trionfo del 1986 si poggiò su una base assolutamente nuova per l’epoca e che, in seguito, avrebbe acquistato un’importanza quasi decisiva: i pneumatici. La Benetton, che montava Pirelli, riuscì infatti a superare i concorrenti, targati Goodyear, grazie all’ottimo rendimento delle gomme italiane, tanto da far ricordare questa edizione come “il primo Gran Premio vinto dalle gomme”, come venne definita da alcuni giornalisti. Alla vigilia infatti nessuno avrebbe inserito Berger tra i favoriti, soprattutto alla luce delle qualifiche che videro Ayrton Senna, sulla Lotus, in prima fila, seguito da Nelson Piquet e Nigel Mansell sulla Williams.

Le condizioni del circuito si rivelarono però un fattore decisivo. L’asfalto rovinato e sconnesso causò diversi danni ai pneumatici Goodyear, obbligando le vetture che li montavano a varie soste ai box per il cambio delle coperture. La Benetton di Berger, gommata Pirelli, non evidenziò l’effetto blistering che per tutta la durata del Gran Premio tormentò le concorrenti e potè così concludere la gara senza effettuare alcun pit-stop. Alain Prost agguantò il secondo posto, mentre sul terzo gradino del podio salì Ayrton Senna, in uno strano prolegomeno di quella rivalità che, pochi anni dopo, avrebbe caratterizzato la Formula 1. I riflettori quel giorno furono però tutti puntati giustamente su Gerhard Berger. Il pilota austriaco quel giorno pareva destinato a una luminosa carriera; invece, per vari motivi, raccolse in seguito forse meno di quanto avrebbe meritato.