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Juve, i problemi sono a centrocampo

La prima cosa sensata che si è sentita sabato sera nell’immediato post partita di Milan-Juve è stata l’intervista fatta ad Andrea Barzagli, che si è dimostrato il migliore dei suoi anche fuori dal campo, oltre che sul prato verde di San Siro. Il sempre puntuale e preciso difensore bianconero è andato contro la corrente del pensiero comune, cercando di minimizzare l’errore arbitrale sul gol annullato a Pjanić e ammettendo che se si è perso uno a zero a Milano qualcosa che non ha funzionato c’è stato di sicuro.
Bene, bravo, bis.

L’analisi di Barzagli, che con ogni probabilità non aveva ancora sentito le interviste rilasciate da Allegri ai microfoni delle varie TV presenti a San Siro, ha smentito addirittura le dichiarazioni del suo allenatore, se è vero che a ogni «abbiamo giocato bene, interpretando bene la gara, non facendo tirare mai in porta il Milan e rendendo molto dal punto di vista della corsa e dello sfruttamento degli spazi» del tecnico toscano è coinciso un «se volete sto qui a dirvi che abbiamo giocato bene, che non abbiamo rischiato nulla e che abbiamo preso gol su un’invenzione di un singolo. La verità però è che abbiamo perso non segnando gol, quindi qualcosa di sbagliato l’abbiamo fatto e dobbiamo migliorare» del difensore numero 15.

Ed è abbastanza palese chi abbia detto la verità e chi l’abbia un po’ modificata con dichiarazioni di circostanza, cercando di camuffare piccoli problemi che la Juve, in tutta onestà, sta dimostrando fin dall’inizio della stagione.
Sia ben chiara una cosa: non si sta facendo alcun funerale alla Vecchia Signora, per carità; la scorsa stagione e gli inizi di campionato di Allegri ci hanno insegnato abbastanza per ipotizzare un miglioramento sensibile del livello del gioco dei bianconeri e un campionato vinto in carrozza come da pronostici. Ma la cronaca, i fatti, l’attualità ci dicono altro e di altro dobbiamo parlare.

Ciò che balza agli occhi leggendo la formazione di sabato della Juventus è l’incredibile forza di difesa e attacco, sempre migliorate nel corso delle ultime gestioni (una volta se fosse mancato Chiellini avrebbe giocato uno tra Cáceres e Ogbonna, oggi gioca Benatia; una volta in attacco c’erano Vucinić e Matri, poi Tévez e Morata, ora Dybala e Higuaín), e la precarietà del centrocampo, l’unico reparto che probabilmente è stato un po’ tralasciato nel corso degli anni. Nel giro di pochi anni si è passati da Vidal-Pirlo-Marchisio a Vidal-Pirlo-Pogba a Khedira-Marchisio-Pogba per arrivare al Khedira-Hernanes-Pjanić visto a San Siro sabato. Per quanto i tre siano ottimi giocatori, l’involuzione sembra abbastanza chiara. L’impressione è stata, guardando la partita, di una mancanza di fisicità, soprattutto. Cosa che Pogba e Vidal, per esempio, riuscivano a dare, unendola a un’ottima tecnica individuale.

A breve tornerà Marchisio in cabina di regia e le cose di sicuro miglioreranno, ma nel lungo periodo non si può non pensare a rimpolpare un reparto che pare in oggettiva difficoltà. Il tentativo per Witsel fatto al 31 di agosto scorso è sintomo di un sentimento condiviso con la dirigenza e lo staff tecnico bianconeri. In campo la Juventus fa fatica a trasformare l’azione da difensiva in offensiva, non riesce a essere così rapida in transizione come invece lo era fino a qualche mese fa.

Potrebbe dipendere dal tipico inizio di stagione delle squadre di Allegri, potrebbe dipendere da un momento di scarsa forma dei vari interpreti. O potrebbe dipendere da un’effettiva mancanza nel settore nevralgico del campo, zona fondamentale del calcio moderno.
La sensazione è che in Italia, nonostante questo piccolo difetto di fabbrica, questa Juve non avrà alcun problema a rivincere il campionato. Per diventare la regina d’Europa, invece, qualcosa in questo senso andrà necessariamente fatto.