Sorrido sempre quando sento o leggo commenti solo sulle qualità tecniche di un giocatore, piuttosto che di un’intera squadra, come se il calcio fosse uno sport giocato con i piedi. Perché penso sia palese che il calcio sia uno sport giocato ANCHE con i piedi, ma la cui componente principale è senza dubbio la testa. È la testa di un giocatore, di un gruppo, a fare la differenza, a permettere di compiere determinati gesti tecnici, determinati interventi, determinati movimenti. Ed è proprio la testa che, in questo momento, fa la differenza tra le due squadre di Milano, Milan e Inter.
I nerazzurri perdono in casa col Cagliari, ma la sconfitta con i sardi è solo il risultato di un insieme di situazioni non del tutto lineari che stanno animando l’ambiente interista. Il cambio in panchina tra Mancini e de Boer durante la preparazione, le critiche per il gioco all’allenatore olandese, l’euforia per la vittoria sulla Juventus, le amnesie in Europa League, finendo con il capitolo della biografia di Icardi. Il “grafico della serenità” in casa nerazzurra è un continuo sali-scendi, quando invece in un momento così delicato servirebbe un po’ di calma, di assenza di picchi sia in un verso che nell’altro.
L’ultimo tassello del puzzle — quello del libro del capitano dell’Inter — ha davvero dell’assurdo: il messaggio che passa all’esterno è che il libro di Icardi sia uscito senza che nessuno in società l’abbia avallato o quantomeno letto prima della pubblicazione e che, dopo le contestazioni esagerate da parte di una parte della tifoseria che abitualmente frequenta la Curva Nord, la stessa società non sapendo come gestire la cosa stia pensando di multare o penalizzare un suo tesserato per colpe principalmente sue. Il giocatore, che è stato scelto poco più di un anno fa come capitano, può aver sicuramente fatto un passo falso, ma è inaccettabile che in sede si siano accorti solo oggi di quello che sarebbe stato pubblicato sul suo libro.
Una situazione che, come detto, ha dell’assurdo e che va a minare la tranquillità della squadra, il che inevitabilmente si riflette sulle prestazioni in campo. Un circolo vizioso del tutto evitabile e iniziato con la scelta sbagliata di affidare la stagione a Roberto Mancini, visti i problemi pronti a esplodere ed esplosi da lì a poco. Colpevolizzare l’allenatore, arrivato da due mesi e colpevole solo, forse, di avere un lento apprendimento del calcio italiano e dei suoi equilibri, sarebbe la cosa più sbagliata da fare. Togliere la fascia a Icardi, se questa dovesse essere la pena da scontare, la seconda cosa da evitare. Farebbe aumentare la tensione in uno spogliatoio a cui serve solo serenità.
Serenità che, per assurdo, invece ha il Milan.
I rossoneri vincono a Verona contro il Chievo e si lanciano al secondo posto a pari merito con la Roma, davanti a Napoli e Lazio. La differenza con i cugini è una sola: aver iniziato la stagione per la prima volta con obiettivi chiari e non pretenziosi (piazzamento in Europa League), non cercando di prendere in giro i tifosi e restando molto realisti sulle potenzialità di una squadra che non si qualifica in Europa da tre stagioni. Per assurdo, questo ha permesso a Montella di gestire il gruppo con meno pressioni e meno ansia da risultati, riuscendo ad alleggerire la testa di chi scende in campo e riuscendo a far rendere al meglio una squadra tutto sommato modesta, poco rinforzata dal mercato estivo.
Pensando al mercato estivo e a quanto speso dalle due milanesi può sembrare assurdo che il Milan ora abbia cinque punti di vantaggio sui cugini, ma la differenza — ancora una volta — l’ha fatta solo la testa, non certo i piedi o le capacità tecniche di chi è sceso in campo finora.
Ma la serenità, si sa, non si può comprare.