Ormai, solo la matematica separa il Malmö dal suo diciannovesimo titolo di campione di Svezia (il quarto negli ultimi sette tornei). Li avevamo pronosticati campioni ai nastri di partenza (assieme alla maggioranza degli allenatori del campionato: non vogliamo atteggiarci a maghi), e così è andata, anche se (per fortuna) il torneo è stato, comunque, piuttosto avvincente, rimanendo incerto praticamente sino alla fine (ultima giornata 6 novembre).
Gli Himmelsblått hanno vinto meritatamente, dimostrando di essere più forti. Domenica, i rivali del Norrköping, campioni in carica, ce l’hanno messa tutta: ma la capolista ha gestito la partita senza andare quasi mai in affanno. I biancocelesti hanno controllato gli avversari, hanno cercato (e trovato) la rete su calcio piazzato, ma dopo avere avuto la più limpida occasione dell’inizio incontro, con un Berget a cui, ieri, è mancata (per un soffio) solo la soddisfazione del gol.
Nella ripresa, sono stati bravi i Peking a capitalizzare il primo errore difensivo di rilievo degli ospiti. Ma mai, in nessun momento, hanno davvero preso in mano le redini dell’incontro. Hanno avuto un paio di occasioni per passare, ci hanno messo cuore e polmoni, spinti da un pubblico calorosissimo, che si è fermato a cantare, per ringraziare i suoi beniamini, anche dopo il fischio finale. Tuttavia, gli ospiti hanno sempre dato la sensazione di poter disporre della partita. Hanno spinto, trovato il vantaggio, e sono andati più vicini loro, alla terza rete, di quanto siano stati prossimi al pari gli avversari.
In conclusione, il Malmö è stato superiore, soprattutto in questa fase decisiva. È stato bravo Kuhn, che pure era stato accolto con scetticismo (è alla sua prima esperienza di livello come prima guida e, soprattutto, almeno per i tifosi più beceri, sconta il “peccato mortale” di essere danese). In realtà, il tecnico è stato bravo a mantenere il controllo dello spogliatoio anche nei momenti difficili (la sconfitta in finale di Coppa di Svezia, ai rigori, in casa, contro l’Häcken, il sorpasso da parte dei rivali il mese scorso, la cessione del bomber islandese Kjartansson, che rischia di vincere la classifica cannonieri del torneo, pur essendo in Israele già da un mese).
Tutto bene, quindi? Per gli Himmlesblått si, meno per il calcio svedese. Ne avevamo già parlato: questa stagione è stata un passo indietro. Meno spettatori, per un campionato che in coda si è delineato quasi subito, e davanti ha dato vita a un bel duello, ma che ha coinvolto solo due squadre. Nulla a che vedere, con l’equilibrio dello scorso anno, quando c’erano tre squadre a giocarsi il titolo all’ultima partita. Il livellamento è stato al ribasso: come scrivevamo sopra, la classifica cannonieri potrebbe essere vinta da un giocatore ceduto nella sessione di mercato estiva: un segnale evidente di mediocrità generale. Inoltre, questa stagione è stata caratterizzata anche da gravi episodi di teppismo, che hanno influito sulla classifica, con risultati a tavolino. Tutte cose che tolgono credibilità al movimento, e allontanano gli appassionati.
Ma l’aspetto più grave, a nostro parere, è quello della perdita di competitività. Nessuna squadra svedese è arrivata alle fasi a gironi delle Coppe europee e, nel caso del Norrköping, la sconfitta è venuta per mano di una compagine scandinava (i norvegesi del Rosenborg). Il torneo, insomma, sta perdendo la leadership a livello regionale (escludendo la Danimarca, che gioca con calendari mitteleuropei). A lungo andare, la crisi rischia di diventare irreversibile.
Cosa si può fare? Molti commentatori locali hanno detto la loro. In maggioranza, si ritiene che il sistema attuale abbia messo per sempre fuorigioco i movimenti calcistici della cosiddetta “seconda fascia”: tutti, praticamente, ritengono che i risultati del Göteborg degli anni 80/90 non si ripeteranno più. Lo stesso Malmö, lo scorso anno (e quello precedente) era arrivato alla fase a gironi di Champions League. Tuttavia, i risultati sono stati da dimenticare (memorabile una sconfitta per 8-0 in Spagna, al cospetto del Real Madrid, futuro campione).
Il nuovo calcio, con le sue spietate leggi economiche, è destinato a chiudere le porte ai campionati con meno importanza tecnica. La speranza, però, potrebbe essere quella di creare un circolo virtuoso, sull’esempio di ciò che è avvenuto in Islanda, mediante l’innesto di insegnanti patentati di calcio nelle scuole. Ma non è detto che il Paese scandinavo faccia questa scelta, soprattutto con il calcio.
Servirebbe, poi, una maggiore promozione: gli stadi ci sono, sono bellissimi, ma le squadre fanno troppo poco per farsi conoscere anche all’estero, e guardano con sospetto e stupore i giornalisti che seguono il loro campionato da oltre confine. Forse, qualche stratega di marketing potrebbe venire a imparare cosa fanno in Svizzera, dove, pur avendo un torneo del medesimo livello tecnico, i dirigenti della Lega calcio sono riusciti a vendere i diritti tv agli inglesi, oltre che a numerose altre nazioni. Staremo, insomma, a vedere.