L’avventura nel mondiale non è stata particolarmente felice per l’Italia del calcio a 5, eliminata a sorpresa agli ottavi dall’Egitto. Chiusa questa parentesi, il movimento nostrano si appresta a iniziare una nuova stagione con due assenze di lusso per la nostra Serie A: l’Asti, fresca vincitrice del titolo nazionale, e le dirette di RaiSport. MondoPallone.it ha parlato dei problemi e del futuro del calcio a 5 italiano con Andrea Montemurro, il giovane imprenditore romano tornato nel mondo del futsal per candidarsi alla presidenza della Divisione Calcio a 5.
Dopo la vittoria del campionato di Serie B con la Roma volley, Andrea Montemurro ha riabbracciato il mondo del calcio a 5. Cosa ha spinto questo ritorno?
Io in realtà nasco nel calcio a 5 e sono stato solo prestato alla pallavolo. Il calcio a 5 è lo sport che amo; sono stato il più giovane direttore generale nella storia italiana di questo sport, tra l’altro vincente. Nel 2011 sono diventato il più giovane presidente di una società italiana, anche in questo caso vincente perché ho conquistato una Coppa Italia. Ho vissuto tantissime esperienze: da Genzano alla Lazio, passando per il Nepi. Nella stagione 2011/12 ho deciso di chiudere perché non vedevo nessun tipo di sbocco da parte della divisione, nessuna possibilità di crescita, ma solo uno sport tenuto al ribasso evitando di farlo esplodere il più possibile. Addirittura veniva vietato e non supportato tutto quello che rappresentava visibilità. Ho deciso di smettere perché uno sport dove non c’è visibilità è difficile da far crescere.
La visibilità e i media sono punti importanti del programma elettorale.
Il mio programma si basa su 54 punti, però tra questi ce ne sono tre che giudico essenziali. Bisogna dare al calcio a 5 un adeguato spazio sui media. Ho già fatto degli accordi molto importanti a livello nazionale non solo per la Serie A, ma anche per quelle che vengono considerate erroneamente serie minori. Successivamente voglio portare risorse economiche attraverso sponsorizzazioni dirette, convenzioni e altro, con l’obiettivo di aiutare le squadre a sopravvivere. La mortalità nel calcio a 5 italiano è incredibile; quest’anno non si sono iscritte addirittura squadre come l’Asti, campione d’Italia, o l’Isolotto vincitore della Coppa Italia femminile. Altro aspetto fondamentale è ridare centralità alle squadre. Qui qualcuno ha dimenticato totalmente che le società sono i “clienti” della federazione, anche se questo termine è poco adatto. Bisogna adoperarsi per ascoltare ogni singola problematica.
Come dobbiamo valutare l’attuale situazione del calcio a 5 italiano?
Si è arrivati ai minimi storici e abbiamo vissuto situazioni imbarazzanti. L’Asti che non ci rappresenta a livello europeo è un punto di non ritorno; lo è anche il fatto di vedere eliminata dall’Egitto la nostra nazionale, in campo come sempre con un ItalBrasile. Tutto questo è avvenuto dopo aver rinnovato in maniera discutibile il contratto al nostro CT a pochi giorni dalla partenza per i mondiali, un rinnovo alla cieca. Si è arrivati al minimo storico per quanto riguarda l’attenzione della federazione e dal punto di vista mediatico visto che è saltato l’accordo con la Rai.
Forse uno dei problemi di questo sport è legata al fatto di essere radicato solo in alcune regioni.
Questa è una falsa verità. In questo periodo sto girando tutta l’Italia per visitare le varie società. A parte alcune regioni, posso dire che il calcio è radicato ovunque. In termini numerici c’è una buona concentrazione e cominciamo a essere uno sport nazionale. È ovvio però che senza la visibilità tutte queste squadre fanno fatica.
Alcune realtà del calcio a 11 si sono avvicinate con interesse al mondo del calcio a 5. È il caso del Varese qualche anno fa oppure del Padova.
Un aspetto importante. Io ho sviluppato un progetto con un grandissimo del calcio internazionale, a breve usciremo con un comunicato. Lui sarà l’ambasciatore del calcio a 5 all’interno delle società professionistiche e il suo obiettivo sarà quello di far capire che questo sport è propedeutico per il calcio.
Che cosa bisogna sviluppare invece nel movimento femminile?
Il calcio femminile è lo sport del futuro, il calcio a 5 femminile lo è ancora di più. Dobbiamo capire, però, che le cose vanno fatte con qualità. Pensare alla Serie A con due gironi da 8 e 9 squadre ci fa capire che c’è qualcosa che non va; così diventa deleteria per questa disciplina perché le giocatrici non sono stimolate e la squadre si vedono costrette ad affrontare delle spese giocando poche partite. È penalizzante inoltre avere la serie A2 , chiamata A femminile, con società non strutturate e con poche possibilità di fare una trasferta. Io sono estremamente favorevole al movimento favorevole e stiamo sviluppando delle idee per promuoverlo. Dobbiamo sostenere le società senza lasciare qualcuno indietro.
Cosa si deve fare invece per far crescere i nostri settori giovanili?
Questo sport in parte ha visto il suo declino quando l’Italia ha visto gli europei. Tanti brasiliani in squadra è stato deleterio. Nonostante il risultato, i ragazzi ha smesso di sognare e noi non possiamo togliere loro il diritto di sognare di indossare la maglia della nonostante nazionale. Penso che l’Italia debba essere composta da giocatori nati nel territorio italiano. L’oriundo può essere utile nel campionato italiano per alzare il livello, ma sempre con una limitazione. Non dimentichiamo che siamo gli unici con un regola che impone di far giocare italiani. La nazionale va ridata ai giocatori nati nel territorio italiano.