Che ci combini, Sasol?
Fermi, fermi, fermi: nessuno qui tifa Sassuolo. Potrei sbagliarmi (siamo parecchi, in redazione) ma credo di poter asserire senza problema alcuno che qui a MondoPallone.it nessuno è di fede neroverde, né ci professiamo – nonostante i colori, effettivamente, simili – sito di fede sassolese. Dunque, non lasci ingannare il titolo di questo articolo: siamo e restiamo imparziali. Però…
Però, Sassuolo, è fuori discussione che un pizzico di simpatia la rubi, nell’animo di ogni pallonaro italiano.
Una squadra che gioca un calcio meraviglioso, gestita a dovere da un grande tecnico qual è Di Francesco, alla sua prima grande apparizione europea, non può non farsi volere, sotto sotto, un po’ bene. E nessuno si azzardi a chiamarlo “favola”, ci mancherebbe: è solo e soltanto il duro lavoro che ha portato così tante soddisfazioni, in casa neroverde. Quindi, nessun tipo di fiaba, solo una bella storia da raccontare, una storia che è, tuttora, in pieno divenire.
Una storia che piace, soprattutto: Sassuolo, una piccola piazza che finisce in Europa. Sassuolo, una città non abituata ai grandi palcoscenici, che finisce per avere una squadra che dà fastidio alle grandi del calcio nazionale. Piace, questo Sassuolo, sicuramente; e dispiace quando non riesce a esprimersi a dovere. Come successo giovedì scorso a Genk, dove Defrel e compagni sono tornati a casa con tre pere sul groppone (e una partita giocata veramente in malo modo); come successo domenica sera a Milano, dove sempre Defrel e i suoi cari compagni hanno fatto un harakiri mostruoso, sul prato verde di San Siro.
Chiamiamola immaturità. Chiamiamola incapacità di gestire tante situazioni, tutte insieme. Alti e bassi, che si alternano in maniera preoccupante: la vittoria sull’Athletic alla prima della fase a gironi di Europa League aveva urlato forte l’orgoglio neroverde nelle orecchie di tutta l’Europa, le recenti sconfitte stanno invece rischiando di ridimensionare l’ego della truppa di Di Francesco. Con quella serie di infortuni (di Berardi in primis) che di certo non agevola le cose, in questo periodo in cui ci sarebbe bisogno di forze fresche, da utlizzare con parsimonia e intelligenza.
Che ti succede, dunque, Sasol? Di certo, il calcio lo sai giocare, eppure bene. La dirigenza ha dimostrato di avere un progetto solido, e di saperlo portare avanti con sagacia. Di Francesco: bravissimo a non muoversi da dove fosse, a non farsi lusingare dalle proposte del Milan in estate, a confermarsi il punto cardine di una squadra che quest’anno è come se fosse in quinta liceo, all’esame di maturità. Su la testa, spalle larghe e via: a voce alta a spiegare calcio. Il suo calcio. Quello che ci ha fatto maledettamente divertire in questi anni trascorsi tra la promozione in Serie A, la conferma nella massima serie, la conquista dell’Europa.
Una storia in divenire, dunque. Una storia che dopo un inizio pacato (l’avvento di Squinzi e il primo decennio di gestione), un primo grande traguardo (la Serie A nel 2013 con lo storico gol di Missiroli al Livorno), e un risvolto clamoroso (i 61 punti della scorsa stagione e la qualificazione in Europa League), sta attraversando il momento del colpo di scena. Adesso, c’è da gestire la testa, c’è da battere le difficoltà portate dagli impegni (tanti) e dagli infortuni (troppi) e guardare avanti con convinzione. Non sarà facile, ci mancherebbe, ma Di Francesco – sempre lui, autore e voce della narrazione – ha davvero tutte le carte in regola per fare in modo che il suo Sasol, piccola grande del nostro calcio, riesca anche quest’anno a scrivere il suo, meraviglioso, lieto fine.