Lazio, cosa vuoi fare da grande?
I risultati non sono affatto malvagi per ora, anzi, viene quasi da pensare che tutto il caos che quest’estate ha travolto Formello tra l’affaire Bielsa, le intemperanze di Keita, la cessione di Candreva e i continui infortuni di Biglia (i cui strascichi perdurano ancora adesso, peraltro) abbia quasi fatto del bene ai biancocelesti.
Simone Inzaghi si sta dimostrando un tecnico capace e desideroso di trovare sistematicamente soluzioni ai problemi che gli si presentano e, per adesso, sembra un allenatore ben più maturo rispetto al più blasonato fratelljjo Pippo – attualmente ripartito dalla Lega Pro col Venezia dopo la tragicomica esperienza al Milan.
Tuttavia non è (ancora?) oro tutto quel luccica: per quanto la classifica parli di un terzo posto provvisorio da 13 punti in sette gare, non sempre la Lazio è sembrata essere all’altezza della situazione. Provando a dimenticare i risultati e guardando solo alle prestazioni, è indubbio che la buona sorte stia incidendo parecchio sui destini dei capitolini, i quali hanno alternato prestazioni solide e convincenti ad altre abbastanza sconcertanti.
A pensarci bene, in effetti, forse l’anteprima fedele di quella che potrebbe essere la stagione degli uomini di Lotito è stata proprio quella rocambolesca prima giornata, quel pirotecnico 4-3 sul campo dell’Atalanta. Una pratica che sembrava chiusa dopo nemmeno un tempo e che invece gli orobici riaprirono nel giro di 4′ creando più di un mal di testa ai giocatori biancocelesti.
Una partita chiusa con tanto di tre punti, certo, ma non priva di diverse indicazioni sui problemi del collettivo capitolino. Problemi che peraltro sono emersi abbondantemente anche nel trittico di match giocato nelle ultime due settimane tra Pescara, Milan ed Empoli: anche qui parliamo di due vittorie e una sconfitta ma non si può sostenere che la Lazio abbia fornito prestazioni totalmente rassicuranti, anzi. In particolare, è stata particolarmente deludente la gara di San Siro contro l’accolita di Montella: poca, pochissima roba la squadra di Inzaghi al cospetto dei rossoneri che furono del fratello.
La sensazione è che la Lazio carburi unicamente nel momento in cui riesce ad andare avanti nel punteggio e, in caso contrario, si lasci invece andare all’inerzia della partita. Col Pescara ha giocato almeno un’ora sotto ritmo, rischiando molto seriamente che gli abruzzesi punissero la superficialità con cui i biancocelesti sono scesi in campo; del Milan si è detto; con l’Empoli la Lazio ha portato a casa una sfida che probabilmente non meritava di vincere.
A volte vincere senza meritarlo è giustamente considerato un segno di maturità da parte di una compagine ma in questo caso è lecito avere dei dubbi, specie considerando com’è andata alla Lazio quando non è riuscita a trovare per prima la via della rete e, soprattutto, la qualità del gioco espresso finché non ha saputo andare in vantaggio.
Paradossalmente ieri sera sembrano essersi visti cenni di crescita e una prestazione finalmente migliore anche se qualche spavento dalle parti di Strakosha non è mancato, anzi. Inzaghi è partito bene, dati alla mano, ma non deve in alcun modo rinunciare alla voglia che ha dimostrato con qui di trovare una quadratura al suo cerchio biancoceleste perché sa lui per primo che, finora, l’andamento dei suoi è stato ben più altalenante di quanto i punti i classifica non dicano.
Il tecnico piacentino dovrà essere all’altezza della situazione e capire – dopo aver svezzato tanti calciatori giovani – come aiutare la sua squadra a crescere e svilupparsi, per capire finalmente cosa possa diventare questa Lazio una volta che abbia concluso la sua maturazione.