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Chi è causa del suo mal pianga se stesso

cristiano barni / Shutterstock.com

Un’altra figuraccia. Due su due in Europa League con una qualificazione che ora sembra più lontana. L’Inter perde a Praga facendo il tonfo più rumoroso dall’inizio della stagione. Tre gol subiti in terra ceca che assopiscono i sogni di gloria dei tifosi e mandano fuori di testa l’olandesotto in panchina costretto, se così si può dire, a paragonare la sua squadra a una dilettantistica. Non il massimo dell’eleganza, ma se bisogna dare una scossa all’ambiente e la lingua è ancora sconosciuta (oltre a un tabù) non si può pretendere troppo.

Zero punti nel girone non era pronosticabile nemmeno dai più irati col vecchio Mancio, che gli avrebbero scaricato senza mezzi termini ogni colpa di qualsiasi nefasta sconfitta. L’appassionato, per certi versi, è un po’ come un cliente: a modo suo, ha sempre ragione. Dai, diciamo che va ascoltato. E il Ciuffo aveva stufato. Ambiente, società, calciatori, tutti. Si sente dire, inoltre, che il basso rendimento dei nerazzurri sia dovuto a una preparazione fisica imbarazzante organizzata dal vecchio staff tecnico. Insomma, come in politica è sempre colpa di chi c’era prima.

Ma se è pur vero che ogni storia ha un fondo di verità, c’è l’altra faccia della medaglia che va raccontata: certi giocatori messi in campo da de Boer con Mancini non avrebbero visto il campo. O almeno non così. Ragazzi presi e gettati nella mischia tanto per provare qualcosa di “diverso” salvo poi sostituirli alla mezz’ora e usarli, implicitamente, come capri espiatori. Kondogbia, Nagatomo, Santon, Ranocchia, Melo sono tra i giocatori più titolati della stagione, e non si parla di trofei. Bisogna pensare che ogni tassello inserito in un collettivo va per prima cosa tutelato.

Certo, alcuni componenti della rosa non sono “da Inter”, ma ci sono situazioni diverse che vanno spiegate, ascoltate, capite e aspettate. L’unico colpevole senza attenuanti deve essere sempre l’allenatore, quanto meno per anzianità ed esperienza nell’ambiente. Sfuriare contro una squadra che stai allenando è imbarazzante, soprattutto in un momento negativo. Schierare Ranocchia al centro della difesa poi, non aiuta alla causa.

L’ex Bari (unica squadra dove il ragazzo ha fatto bene) non ne azzecca una da anni. Hanno provato a dargli pure la fascia da capitano per cercare di ritrovarlo ma la sentenza è già scritta da tempo: Andrea non è un giocatore affidabile. È lento, è debole nei contrasti, non anticipa, nell’uno contro uno non ferma mai né palla né uomo e non ha grinta. È molle. Detto questo, calza a pennello come esempio di quello che sta sbagliando l’olandese in panchina. Hai tantissime difficoltà, dalla comunicazione al farti accettare dal gruppo (vedi Brozović), perché getti benzina sul fuoco complicandoti la vita con scelte rischiose?

A Milano è difficile allenare. Sono passati fior fior di allenatori da entrambe le sponde senza vincere una cicca. L’atmosfera è sempre tesa, tutti pronti a sparare a zero al primo tentennamento. C’è da dire che le scelte del tecnico rispecchiano, però, quelle societarie. Come lui butta in campo i calciatori che allena senza troppe moine, la società ha buttato lì lui. In pasto a una piazza che ha fame da troppo tempo. E così rischia di finire, spolpato. Anzi, peggio ancora, bruciato a soli 46 anni.

Chi è causa del suo mal pianga se stesso.