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La consacrazione di Soslan Djanaev

Alzi la mano chi soltanto due anni fa si sarebbe immaginato un Djanaev protagonista in Champions League. Nessuno tra gli addetti ai lavori poteva pensare alla rinascita di un portiere troppo spesso crollato sotto il peso delle responsabilità (a tal proposito, il suo ruolo è il peggiore), sin dal debutto in Russian Premier League con lo Spartak. Proprio con la squadra più tifata del paese Djanaev ha vissuto per la prima volta dal vivo la massima competizione europea per club, senza però riuscire a spodestare Dykan e spendere qualche minuto in campo. Qualche errore grossolano, uno pesantissimo nel derby col CSKA, e un controverso rapporto con Karpin lo hanno poi a salutare la capitale con la convinzione di aver perso definitivamente l’opportunità di giocare ad alti livelli.

L’addio allo Spartak è stato in un primo momento duro da assorbire, ma alla lunga si è rivelato la salvezza di Djanaev. L’opportunità di riscatto offerta dal Terek è stata infatti l’ancora che ha evitato un prematuro ritiro nella carriera del giocatore osseto, che in Cecenia ha saputo inanellare una serie di buone prestazioni. Nonostante ciò, la sua dimensione non sembrava consentirgli di riprovare a sfondare nell’elite del calcio, con il fardello del passato allo Spartak ha complicargli maledettamente la vita: l’approdo all’Alania, vicino a casa, sembrava presagire un lento e tranquillo declino senza grossi sussulti.

Tutto però è cambiato nel 2014, quando a Rostov Pletikosa non è stato confermato da Berdyev. Il tecnico turkmeno, che raramente sbaglia scelte di questo genere, ha deciso di fare affidamente su Djanaev, nonostante una (comprensibile) generale negativa. Ma la situazione economica del tempo (peraltro identica a quella attuale) non consentiva al Rostov grandi investimenti, soprattutto in porta, e Djanaev passo dopo passo ha cominciato a diventare uno dei pilastri della compagine. D’altronde Berdyev ha bisogno di una difesa imperforabile per formare il suo gioco, e se il portiere è poco affidabile i risultati non arrivano (in qualsiasi squadra, ovviamente, ma in questo caso il problema è ancora più acuito, vista la sterilità offensiva).

La stagione scorsa è stata esemplificativa: 16 partite su 30 senza subire gol. Una certezza sulla quale si è fondato il miracolo Rostov, anche in questo finale di 2016. Tante parate decisive che hanno permesso al Rostov di superare Ajax e Anderlecht, e di pareggiare ieri col PSV. Semplicemente straordinario sul calcio di rigore di Propper, fortunato sulla traversa colpita sempre dall’olandese, provvidenziale nei minuti finali sul tiro da distanza ravvicinata di Bergveild.

Djanaev è diventato una certezza. Ciò che tempo fa non ci saremmo mai sognati di scrivere e pensare ora è realta.