Il Gran Premio di Malesia nella storia: il rivale di Schumacher
La gara di domenica rappresenta una tappa fondamentale per il circuito di Sepang, inaugurato nel 1999. Questa sarà infatti la 18esima edizione consecutiva del Gran Premio della Malesia, che celebrerà quindi la maggiore età nella Formula 1. La sua presentazione sancì l’inizio della fama di Hermann Tilke, ingegnere tedesco destinato in seguito a definire i progetti per nuovi autodromi o a sovrintendere alcuni restauri per quelli più antichi.
La Malesia mostra però una solida tradizione motoristica coronata infine dal riconoscimento, come tappa del Mondiale, da parte della competizione regina nel mondo dei motori. Risalgono infatti agli anni ‘60 i primi eventi automobilistici organizzati in terra malese, inizialmente con la Formula 2, a Thomson Road e poi, dal 1968, con la Formula Tasman, la Formula Pacific e la Formula Atlantic a Shah Alam.
Con l’inizio degli anni ‘80 la penisola asiatica scomparve dagli atlanti delle competizioni automobilistiche, per ritornarvi a fine anni ‘90, grazie all’edificazione dell’autodromo di Sepang, sede anche del Motomondiale. Alla MotoGP resta legato il ricordo tragico e terribile della scomparsa di Marco Simoncelli, vittima di un incidente mortale avvenuto su queste curve nell’ottobre del 2011. Al contrario, per i tedeschi della Formula 1, il Gran Premio di Malesia sembra essere garanzia di successo.
Fra i vincitori delle 17 edizioni disputate fino a oggi figurano infatti ben 3 piloti originari della Germania: Michael e Ralf Schumacher e Sebastian Vettel. Quest’ultimo detiene il primato di vittorie, con 4 trionfi ottenuti nel 2010, nel 2011 e nel 2013 con la Red Bull e nel 2015 con la Ferrari; seguito dal suo idolo d’infanzia, Michael Schumacher, salito sul gradino più alto del podio nel 2000, nel 2001 e nel 2004, sempre al volante di una “Rossa”. Il campione di Kerpen avrebbe potuto aggiungere un ulteriore sigillo alla sua personale classifica se nel 1999, proprio nella gara inaugurale, non avesse deciso di aiutare il compagno di squadra Irvine, in lotta per il titolo scortandolo fino al traguardo senza tentare di superarlo.
La terza vittoria, nell’anno del suo ultimo titolo vinto con la Ferrari, avvenne contro l’avversario più accreditato dell’epoca, Juan Pablo Montoya, in quegli anni considerato l’unico in grado di fronteggiare Schumacher, che appariva allora quasi invincibile. Il colombiano, al volante della Williams, si ritrovò spesso a battagliare con il tedesco, ma non riuscì mai a superarlo nella corsa al Mondiale. La competizione del 2004 appare in questo senso come un paradigma dell’intera rivalità fra i due, conclusasi con il prevalere dell’esperto pilota della scuderia di Maranello.
Ottenuto il miglior tempo nelle qualifiche, Schumacher mantenne la posizione anche alla partenza, rintuzzando gli attacchi dell’intraprendente antagonista. La gara si caratterizzò per un continuo botta e risposta sul cronometro, che vide entrambi marcare giri sempre più veloci fino al contemporaneo ingresso ai box dopo oltre 25 giri. Montoya, nonostante il rapido rifornimento, non riuscì a superare il contendente e, rientrato in pista dietro al tedesco, concluse il Gran Premio in seconda posizione. A fine anno Schumacher avrebbe vinto il suo settimo e ultimo Mondiale, mentre Montoya sarebbe passato alla McLaren, senza però grandi soddisfazioni tanto da abbandonarla a metà della seconda stagione per tornare negli USA, nella serie Nascar.