Il calcio moderno è molto differente da quello di una volta — più atletico, più veloce, più fisico — e i calciatori di oggi sono sicuramente più “atleti” rispetto a quelli di venti o trenta anni fa. Ma questa grande verità, a volte, scivola nel grande equivoco dei “giocatori universali”, ossia quei giocatori capaci di fare più compiti e di sapersi disimpegnare bene in ruoli diversi.
Parlo di equivoco perché per me i “giocatori universali” non esistono, ogni giocatore ha il suo ruolo. Poi, grazie a capacità tattiche e aerobiche superiori alla media, magari sapranno anche giocare in posizioni diverse in caso di emergenza, ma il ruolo è una cosa ben definita. E, se parliamo di ruoli, Alessandro Florenzi non è un terzino.
Alessandro Florenzi è una mezzala d’inserimento ed esplode nella stagione 2011/2012 a Crotone, in Serie B. Nella stagione successiva Zeman lo impone titolare nella sua Roma, un po’ come terzo di destra del tridente e un po’, appunto, come mezzala. Quando arriva Garcia diventa il più utilizzato della rosa, proprio grazie alla sua duttilità e ricopre tutti i ruoli della catena di destra: inizia ala offensiva, poi torna a centrocampo a fare la mezzala, infine in casi di estrema emergenza viene schierato terzino, cavandosela anche bene. Con Spalletti, invece, che oscilla tra il 3-4-3 e il 4-2-3-1, il buon Florenzi fa sia il laterale della difesa a cinque che quello della difesa a quattro, non riuscendo mai a trovare continuità nelle sue prestazioni. Come se non bastasse, in Nazionale Antonio Conte lo schiera come quinto di centrocampo sia a destra che a sinistra, solo in rarissimi casi come mezzala.
Alessandro Florenzi ha 25 anni e nella sua carriera ha già giocato in cinque-sei ruoli diversi. Probabilmente troppi.
Il problema dei giocatori duttili è che a furia di farli giocare fuori ruolo, anziché primeggiare nelle loro caratteristiche principali, si ritrovano a non eccellere in niente. E così come Florenzi si potrebbe citare Bonaventura, per fare un altro esempio. Il 24 della Roma ora come ora è un buon giocatore di fascia, con buoni tempi di inserimento, ottima corsa, cross discreti, ma con gravi difficoltà a seguire la linea difensiva e a giocare di reparto con la difesa. Sarebbe potuto diventare una mezzala d’inserimento capace di spaccare in due le partite con le sue capacità tecniche e aerobiche, ma è finito vittima della sua stessa duttilità. Dote che, tra le altre cose, ha spinto l’allenatore e la società a compiere scelte controsenso sul mercato, tipo quella di prendere un solo terzino sinistro (Mario Rui) e, una volta rotto quello, di prendere un terzino destro capace anche di giocare a sinistra, Bruno Peres.
Una Roma figlia e vittima della duttilità, che si ritrova a giocare con un terzino destro che è una mezzala e un terzino sinistro che in realtà sarebbe destro. Una Roma, quindi, che avrebbe potuto eccellere grazie alle qualità dei suoi giocatori e che ha deciso di giocare bene, ma fino a un certo punto.
Fatto sta che una scelta tecnica del genere non può condizionare la carriera di un potenziale fenomeno del rettangolo di gioco. Ha solo 25 anni, ma ne ha già buttato uno in un ruolo non suo. Salvate Florenzi, ne va anche del calcio italiano.