Ok, d’accordo, è sacrosanto celebrare Milik per la settimana che ha appena concluso. Due doppiette decisive a distanza di qualche giorno non è roba normale e, per ora, l’ex ajacide sta riuscendo nel proibitivo compito di non far rimpiangere Higuaín al tifo napoletano. Del resto, sei gol in cinque partite tra Serie A e Champions sono numeri che si commentano da soli. Ciò nonostante, è forse ancor più intrigante parlare dell’altro polacco del Napoli, un giocatore arrivato decisamente più alla chetichella rispetto al centravanti. Parliamo ovviamente di Piotr Zieliński, di professione centrocampista.
In Italia ormai da cinque anni (è arrivato a Udine appena diciassettenne), Zieliński ha faticato non poco a ritagliarsi un minimo di spazio in Friuli nei suoi primi due anni da professionista. Sicuramente ha influito tantissimo il brusco ridimensionamento delle Zebrette causato dal “trapasso naturale” del ciclo fatato di Guidolin: passare dal giocare i preliminari di Champions League a chiudere il campionato col tredicesimo posto in classifica nel giro di venti mesi è l’istantanea che meglio rende l’idea della traumatica trasformazione bianconera. Era un’Udinese che non si riconosceva più mentre si guardava allo specchio, era un’Udinese che doveva rinnovarsi, era un’Udinese che pativa l’ascesa del Watford nelle gerarchie dell’impegno (e forse anche dell’affetto) dei proprietari. Non più il luogo – quale invece era stato per anni – dove un calciatore molto giovane e di indubbio talento potesse esprimersi con continuità e serenità.
Dunque ecco il prestito biennale all’Empoli iniziato nell’estate di due anni fa, nella rosa di quella che – a detta di moltissimi (compreso chi scrive) – era una squadra che avrebbe dovuto faticare enormemente per salvarsi. Il ventenne Piotr atterrava in Toscana con una ventina di comparsate in due anni di Udinese tra campionato e Coppa Italia che, però, erano state sufficienti per appiccicargli addosso l’etichetta del talento fumoso, discontinuo, di quello che “è bravo ma non si applica”. A Empoli, però, Zieliński trova Sarri e tra i due scatta qualcosa: il polacco parte come semplice giovane in rampa di lancio preso un po’ per fare numero e diventa invece un elemento di spicco delle rotazioni. Non un titolarissimo, magari, ma è palese che il mister si fidi di lui: saranno 28 le presenze totali (7 da titolare) e più di 1000 i minuti giocati.
Il processo di maturazione si completa lo scorso anno, con Giampaolo al timone: Verdi, Valdifiori e soprattutto Vecino non ci sono più, tocca quindi a Zieliński ereditare i galloni da titolare e fare da trait d’union (con Saponara e Croce) tra il reparto vecchio e quello nuovo. Missione compiuta brillantemente, tant’è che diverse squadre – anche dall’estero – si sono interessate al ragazzo lungo quest’estate. Lui, però, alla fine, ha scelto il Napoli – e ovviamente Sarri – con convinzione e poco importa che, a un certo punto, avesse anche sognato la Premier. Peccati di gioventù, dicono sotto il Vesuvio.
In azzurro, per ora, Zieliński ha preso parte a tutte le partite disputate fin qui dai partenopei, a volte da subentrante, a volte da titolare, ma è chiarissimo che per Sarri il polacco è il ritratto preciso di quello che una volta si chiamava “dodicesimo uomo” (per i più giovani: il sostituto che entra sempre quando non inizia e che è fisso in formazione se per caso un titolare rimedia un raffreddore) e non è detto che il giovane Piotr non possa (in un prossimo futuro) rendere difficile la scelta degli undici di partenza al suo mister ogni domenica.
Milik si prenderà pure i titoli ma, alla sua ombra, c’è un altro polacco che ha avuto una crescita di rendimento vertiginosa negli ultimi diciotto mesi: è Piotr Zieliński da Ząbkowice Śląskie, una delle tre o quattro mezzali giovani più interessanti di tutta la Serie A.