Milan, una disfatta annunciata
Ieri pomeriggio ero a San Siro e, no, non è stato un bello spettacolo veder giocare il Milan in casa.
Fermo restando che l’Udinese ha fatto la sua partita ordinata atta a intasare le linee di passaggio per non permettere al Milan di giocare tra le linee, i friulani hanno fatto davvero poco per vincere, ma è bastato. Il Milan, dal canto suo, non ha fatto niente per vincere e non ha vinto.
Il ragionamento non fa una piega, ma pensando ai nomi delle due squadre in campo — Milan e Udinese, a San Siro — pensare che il Milan non abbia provato nemmeno a vincerla è assurdo. Pazzesco. Eppure il tifoso milanista si ritrova in questa situazione, con una squadra che in casa, sul suo campo, contro un avversario tutt’altro che irresistibile, non cerca con convinzione la vittoria, nemmeno nel finale mettendoci cuore, cattiveria e disordine. Nemmeno quello. Tutti ordinatini, a fare il compitino, a trotterellare per il campo. Con le facce, dopo il fischio finale, quasi a dire Abbiamo perso, mannaggia.
E forse è proprio questo il punto: dopo due allenatori (Brocchi non lo contiamo) più propensi a difendersi per poi ripartire in contropiede come Inzaghi e Mihajlović, in panchina è stato messo Montella, dalle idee nettamente più propositive rispetto ai primi due e con un’idea di gioco atta a costruire e non a distruggere. Ma nonostante l’inversione di tendenza — quantomeno nella mentalità — il gioco del Milan non decolla, anzi, si appiattisce ai livelli infimi già visti nelle gestioni di Inzaghi prima e Mihajlović poi. Qualcuno ha puntato il dito sui giocatori? Qualcuno in società, intendiamo. No.
Sì, ok, negli ultimi tre anni sono stati mandati via un po’ di giocatori non più all’altezza come Essien, Muntari, Alex, Mexes e Ménez, ma ai cosiddetti senatori sono stati addirittura prolungati i contratti. Siamo sicuri che i vari Montolivo, Abate, Poli, De Sciglio, Antonelli, Bonaventura non abbiano colpe di questa situazione? Tralasciando i limiti tecnici e tattici di alcuni, cerchiamo di focalizzare l’attenzione sulla loro testa, sulla loro mentalità. Hanno idea di dove sono? Hanno idea di essere lo zoccolo duro di uno spogliatoio una volta composto da icone di questo sport? Hanno capito cosa significa fare il capitano del Milan? Hanno capito, più di tutte le altre cose, cosa significhi stare nel Milan?
Guardandoli giocare, deduciamo che, no, non l’hanno capito. Sono ormai in balia della situazione, si lasciano trasportare dagli eventi, non hanno il carattere né la forza di risalire la china. E in queste condizioni, purtroppo, non c’è allenatore che tenga. Ciò che va rivoluzionato, subito dopo il passaggio di proprietà e lo stravolgimento dirigenziale, sarà proprio il cuore della squadra. Perché è da quello che si può pensare di rinascere.