Torna oggi alle 13:00 l’Old Firm.
Si può definire, senza tema di smentite, una delle partite più importanti dell’anno. Non tanto per il piccolo campionato scozzese, divorato ormai nella sua trascurabile dimensione da un calcio moderno che ama grandi flussi di denaro e città popolose, quanto per la portata storica di questo incontro.
Celtic e Rangers, le due sponde di Glasgow, si ritrovano in campionato a parecchi anni di distanza dal fallimento e la pronta – ma lenta, per forza di cose – risalita dei Gers verso il calcio che conta. Costretti a ripartire dalla quarta serie – dimensione interregionale e di paese, in una zona poco popolosa come la Scozia – per vicissitudini finanziarie, i 54 volte campioni nazionali si sono confrontati per anni con realtà piccolissime, trascurabili se poste a confronto con la bacheca di Ibrox. Se è vero che anche giocatori di livello si sono messi a disposizione nonostante la categoria (dei casi Nedved-Del Piero-Buffon in salsa britannica), è innegabile che ogni avversario trovato dai Rangers in queste ultime stagioni se l’è giocata col coltello fra i denti: quando ti ricapita di riempire così tanto il tuo stadietto in ogni ordine di posto, per appuntamenti da immortalare in foto poi appese in clubhouse?.
La parte protestante di Glasgow è di nuovo in paradiso. Dove le compete e dove la Scottish Premier League, che non se la passa bene a livello di seguito internazionale e performance delle squadre nelle coppe continentali, aveva bisogno di ritrovarla: l’Old Firm vale come evento già di suo, porta alle casse di lega e società denaro e appeal, restituisce senso a un torneo negli ultimi anni stradominato da un Celtic senza avversari.
Protestante, dicevo: la rivalità tra le due anime di Glasgow va ben oltre la contesa sportiva. È tensione e dicotomia religiosa oltre che sociale, politica soprattutto: le colonne di un sito sportivo non sono la sede giusta per addentrarsi in un ginepraio simile, ma basti dire che cattolico e protestante superano il senso teologico e parlano di altro. Di appartenenza, schieramento, opinione in merito all’appartenenza della Scozia al Regno Unito: da una parte i papisti cui probabilmente la frequentazione di una chiesa di papi e santi riflette la voglia di emancipazione rispetto al colonizzatore inglese, dall’altra i lealisti che vedono sé stessi come appartenenti al fu Impero e cantano God Save the Queen, l’inno di Londra.
Ecco: nell’anno della Brexit, poco dopo il referendum (fallito) sull’uscita dal Regno, l’Old Firm torna in un’atmosfera non banale. Che racconta, venendo alle cose di campo, di come gli Hoops hanno archiviato l’esperienza Ronny Deila – norvegese aiutato più dalla corsa in solitario che da un effettivo progetto – scegliendo un tecnico di nome ed esperienza come Brendan Rodgers. Reduce dall’ottovolante alla guida del Liverpool: prima il quasi titolo sulle ali dell’entusiasmo nel 2013-2014, poi una crisi tecnica senza fine e il licenziamento il 5 ottobre dell’anno scorso.
Stupisce sino a un certo punto, allora, che giocatori provenienti da grandi club di Premier League, o comunque potenzialmente capaci di trovare nei primi due campionati inglesi ingaggi importanti e remunerativi, abbiano accettato la sfida delle due di Glasgow. Dati di calciomercato alla mano, il Celtic ha migliorato la sua rosa con un Kolo Touré partito titolare nell’ultima finale di Europa League, il nazionale Under 20 francese Moussa Dembélé, Dorus de Vries (Nottingham Forest) ma soprattutto Scott Sinclair, già nazionale inglese, con Rodgers ai tempi dello Swansea.
Né sorprendono gli arrivi, sponda Rangers, del giocatore di scuola Liverpool Jordan Rossiter, dell’ex Tottenham e QPR Niko Kranjčar (81 presenze internazionali con la Croazia), come dell’ex milanista Philippe Senderos e Joey Barton.
Nomi che non fanno tremare i nostri polsi, abituati a ben altro livello, ma danno uno scossone a un campionato agonizzante come quello scozzese.
E poi in ogni contrasto, applauso, coro, urla gioiose o disperate di oggi pomeriggio, vedrete condensati secoli di storia e rivalità calcistica ma non solo: il calcio, come pochi altri sport al mondo, contiene questo e altro.
E a noi piace raccontarlo.