Home » Provando a sorridere

Freschi di eliminazione della Roma dalla Champions League, agli appassionati di calcio italiano non resta che guardare all’Europa League per ritrovare il sorriso. Certo, Juventus e Napoli restano nella coppa dalle grandi orecchie e hanno non pochi motivi per essere ottimisti, ma è ancora una volta dall’Europa del giovedì sera che potremmo ritrovare motivi per sorridere.

Il patto è prenderla per quello che è. Non è la Champions, né lo sarà mai; non lo è sul piano economico (impietoso il confronto), figuriamoci su quello tecnico: Viktoria Plzeň, Qarabağ e compagnia non valgono le qualificate del piano di su, e nonostante la presenza di club come Manchester United, Roma e Schalke 04, la sensazione è che manchi qualcosa.

Ma, a differenza di una Champions per certi scontata almeno sino agli ottavi di finale, c’è molta Europa da conoscere. Per i tifosi in trasferta ma anche per gli stessi giocatori, il percorso sino ai confini del Vecchio Continente può essere un’occasione di viaggio e di scoperta. Sul piano tecnico, non si può dire che aumenteranno le incognite – ormai grazie a match e video analysts si sa e si scopre tutto su tutti – ma si affronterà l’Europa di mezzo: formazioni espressione di movimenti sportivi in ascesa, prova che il calcio non smette di diffondersi e ormai non è più privilegio di pochi paesi.

Nel dettaglio, il sorteggio più affascinante è quello capitato al Sassuolo. La nostra matricola terribile, molto italiana nel timone e nell’organico, calcisticamente moderna nella forma mentis e nel modo di affrontare il calcio di oggi. Ai neroverdi, reduci da un superlativo playoff contro la Stella Rossa, toccheranno tre avversari non di second’ordine. Il più temibile è l’Athletic, che due anni fa eliminava il Napoli di Benítez dai playoff di Champions, per poi perdere ai sedicesimi di EL contro una delle versioni più gagliarde e coraggiose del famoso cuore granata.

Un club impropriamente chiamato in Italia Bilbao, denominazione semplicistica che rischia di far dimenticare la sua più importante specificità: calciatori tutti baschi, di nascita, formazione o retaggio familiare. Come sia possibile lavorare così nello sport del 2016 lo sanno solo dalle parti dell’Estadio de San Mamés: questione di orgoglio e amore per le proprie radici, fiducia e consapevolezza che esse sono non un ostacolo ma un punto di forza anche sul campo. Cantera ma anche società e strutture importanti; voglia di innovarsi anche a costo di qualche strappo a storia e sentimenti: il Sassuolo affronterà chi ha prodotto – negli anni – gente come Iraola, Asier del Horno, Fernando Amorebieta, Llorente, Muniain e altri.

Neroverdi sfavoriti anche sul piano dell’esperienza, ma già maturi come dimostrati dai turni preliminari. Rapid Vienna trasferta non proibitiva per i tifosi, Genk che stuzzica per la crescita di un campionato belga fucina di talenti: lo abbiamo visto sugli schermi televisivi negli ultimi anni, più probante e di livello di quanto si possa pensare.

Chi sull’Europa League ha sempre puntato tantissimo è la Fiorentina. Mai infatti, nel caso della Viola, avreste potuto usare espressioni come snobbare, sminuire, sottovalutare la competizione. No, certo non da Paulo Sousa ma neanche da Montella in precedenza: anche perché questa è la dimensione della squadra ora come ora, sarebbe stato stupido il contrario. Ecco, allora, che il sorteggio morbido di ieri può offrire al tecnico portoghese l’occasione di ruotare uomini e provare schemi, usare i giovedì sera per scaldare il motore in vista del rush finale di primavera in campionato e in coppa: non significa trattare male l’Europa League ma dare a giocatori – magari di livello eppure chiusi da altri in Serie A – la chance di brillare e mettersi in evidenza, anche perché PAOK, Slovan Liberec e Qarabağ impensieriscono sino a un certo punto. Attenzione alle trasferte (in particolare a quella in Azerbaigian: munirsi di tessera MilleMiglia), la speranza è trovare nelle partite in casa un Franchi pieno e festoso: fondamentale dare un segnale, compattare l’ambiente per il salto di qualità definitivo.

All’Inter, in piena rivoluzione tecnica dopo lo scarso tempismo dell’addio di Roberto Mancini, giocare due partite a settimana potrebbe sembrare una scocciatura. Vista però l’ampiezza della rosa a disposizione di de Boer, e la difficoltà in certi esuberi, anche qui può essere un modo per far sentire tutti protagonisti, facendoli partire tutti sullo stesso piano. Rispetto alla Fiorentina, tuttavia, ai nerazzurri manca la stabilità e dunque mischiare le carte sì ma sino a un certo punto: l’Hapoel Be’er Sheva ha fatto tremare il Celtic nonostante il 5-2 dell’andata in Scozia, lo Sparta Praga è il solito osso duro mentre il Southampton ha giocatori di livello e un tecnico che lavora sulla via indicata da Adkins, Pochettino e Koeman. Occhio in particolare a José Fonte, celebrato da critica e pubblico molto meno di quanto dovrebbe, ma anche a Tadić, Romeu, più i solidissimi inglesi Forster, Bertrand e il talentuoso Redmond.

Infine, c’è chi in questa coppa manco ci voleva essere: la Roma, lo abbiamo detto più volte, ha fatto l’errore di aspettare i preliminari per rinforzarsi poi, finendo per raccogliere i cocci, nervosa e piena di rimpianti. Inspiegabilmente trattato da grande a ogni sorteggio europeo, il gruppo capitolino ha bisogno di un filotto di vittorie per ritrovare entusiasmo e placare gli animi, burrascosi soprattutto sul campo visto il record disciplinare nella doppia sfida al Porto.

Non vincere un gruppo E completato da Viktoria Plzeň, Austria Vienna e Astra Giurgiu sarebbe delittuoso, anche se specialmente i rumeni meritano rispetto visto l’exploit nel nuovo stadio del West Ham. Il cui tonfo, al pari di quello della Roma in Champions League, pone delle serie domande su chi affronta l’urna da favorita e ne esce spesso con le ossa rotte: ma questa è un’altra storia.