Editoriali

L’Europa dei tecnici (vecchi e nuovi)

Si è svolto nella giornata di ieri il sorteggio dei gironi di Champions League. Come da diversi anni a questa parte – unica eccezione il Milan nell’estate 2014 – manca un’italiana all’appello e occorre sempre prendere con le molle il verdetto di Nyon.

Si ragiona infatti sempre “sulla carta“. Spesso e volentieri tifosi (cosa normale) e addetti ai lavori (cosa preoccupante) ragionano in base a luoghi comuni e schemi vecchi; andando a giudicare più il nome dell’avversario che il suo momento storico, sottovalutando e sopravvalutando, a prescindere da ciò che il campo dice o può dire.

Con ciò non voglio dire che Juventus e Napoli devono partire battuti: specialmente nel caso dei bianconeri parliamo di un club dalla consolidata identità e mentalità europea (migliorata tantissimo rispetto all’era Conte). Ma occorre studiare e valutare caso per caso, non lasciarsi andare a facili entusiasmi – com’era quella del sorteggio favorevole per la Roma al preliminare? – e tenere un profilo serio e professionale.

Ma allargando lo sguardo al resto della competizione, c’è da dire che rispetto a molte big europee sia bianconeri che partenopei partono col vantaggio della continuità tecnica.

Sì, la partenza di uomini come Pogba e Morata cambia parecchio i meccanismi juventini, né il Napoli dimenticherà Higuaín in un giorno, ma Massimiliano Allegri e Maurizio Sarri sono da tempo saldamente al timone delle due squadre: tutto è meno nuovo, tutto è più rodato.

Diversi top team hanno invece cambiato guida. Tra le favorite nel viaggio verso Cardiff, non sono pochi i club che soprattutto all’inizio potrebbero pagare il prezzo di un restyling tecnico e quindi ovviamente di mercato. Nel gruppo A, per esempio, il 13 settembre al Parco dei Principi l’Arsenal battezzerà il nuovo Paris Saint-Germain di Unai Emery; se il Ludogorets appare la più tipica delle vittime sacrificali, il Basilea potrebbe dire la sua, pur sfavorito nel confronto coi due colossi delle capitali.

Nuovo è il volto di chi guida il Manchester City e a livello di nomi, storie e suggestioni il gruppo C è quello che affascina di più. Non voglio scomodare il destino, ma i nomi Guardiola e Barcellona non riuscirai mai a metterli nella stessa frase senza pensare alla squadra da sogni che fu, né si possono tralasciare il passato recente tra queste due società, gli incontri sul campo e gli affari di mercato. Sul piano strettamente tecnico Citizens e blaugrana sembrerebbero tranquilli, ma mai sottovalutare il Borussia Mönchengladbach; meno preoccupante il Celtic – faticosamente promosso ai gironi nonostante il 5-2 sull’Hapoel Be’er Sheva nell’andata dei playoff a Celtic Park – nonostante l’arrivo di Brendan Rodgers.

O forse proprio per quello: l’irlandese è un allenatore che ama uscire alla distanza e che ci mette parecchio a modellare le squadre a sua immagine e somiglianza; senza dimenticare che difficilmente, contro avversari espressione delle élite di Premier League, Liga e Bundesliga, potrà puntare sul gioco offensivo e avvolgente visto negli anni di Liverpool.

Pesante il sorteggio capitato alla matricola Rostov (“Leicester di Russia”, scivolato però sul più bello), reduce dalla scorpacciata contro ciò che resta dell’Ajax. PSV Eindhoven, Atlético Madrid e Bayern hanno tutti forza e blasone e anche qui il sorteggio è accattivante nella lotta per la prima piazza: Simeone contro Ancelotti è un po’ Inter contro Milan ma è soprattutto la sfida tra due modello di gioco e di stile diversi. Da valutare non se ma in quanto tempo Carlo darà la sua firma alla versione 2016-2017 dei bavaresi.

Se dunque anche colossi come Siviglia, Manchester City, PSG e Bayern dovranno fare i conti col normale periodo d’assestamento che normalmente segue un cambio d’allenatore, squadre come Tottenham ma anche Juventus e Napoli porteranno in Champions League la sicurezza della continuità.

La stabilità di gruppi ormai abituati a mettere in pratica istruzioni e piani di gioco.

A volte non cambiare è la scelta migliore.

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Matteo Portoghese