Tonight’s the night cantava Neil Young molti anni fa. Molti anni fa ma anche poco prima che la nazionale italiana di pallavolo si rivelasse al mondo ai Mondiali del ’78, quando conquistò un argento sorprendente nonché il primo di una lunga serie di medaglie che gli Azzurri – tra Olimpiadi, campionati del Mondo, World League, Europei e Grand Prix vari – hanno conquistato nel corso della loro epopea. Epopea che, per essere totalmente sinceri e senza nulla togliere ai Giochi del Mediterraneo vinti due volte negli ultimi sette anni, manca di un bell’oro in un torneo maggiore da ormai undici anni (l’ultimo trionfo è quello europeo del 2005), un’eternità se si considera quanto s’è vinto negli anni 90 e nella prima metà dei 2000.
Stanotte, però, è la notte. Non proprio notte, visto che si giocherà a partire dalle 18,15 ma il concetto è quello. Dopo Atlanta e Atene, l’Italia è riuscita a centrare la terza finale in vent’anni per provare finalmente a portarsi a casa quell’alloro a cinque cerchi che mai è riuscita a prendersi in tutta la sua storia. Quattro anni fa fu bronzo, a Pechino legno: stavolta sappiamo per certo che quanto meno si va migliorando e che sarà come minimo argento. Ma è inutile nascondersi dietro a un dito: quel che vogliamo – fin da quella maledettissima finale con l’Olanda del ’96 – è l’oro, solo quello.
Vent’anni fa eravamo i favoriti assoluti e perdemmo quella che sembrava essere una finale scontata, alla vigilia. Ad Atene, invece, il pronostico fu rispettato in pieno perché – nonostante un Sartoretti clamoroso, capace di vincere un set più o meno da solo – il Brasile era decisamente più forte e, alla lunga, dimostrò senza ombra di dubbio la sua superiorità tecnica e atletica (Giba e Nalbert sugli scudi, quella volta). Quest’anno, nonostante godano della spinta del proprio pubblico, i verdeoro non sembrano essere uno schiacciasassi come dodici anni fa e sono già stati battuti dai nostri portacolori ai gironi, quando gli uomini di Blengini si sono imposti con un secco 3-1.
Corsi e ricorsi storici, dunque: la finale è contro il Brasile, come nel 2004, ma, come nel 1996, tocca giocare contro un’avversaria già affrontata e battuta nei gironi senza soffrire troppo… Un precedente a cui non va dato nessun peso, possibilmente, visto com’è andata ad Atlanta – la più grande tragedia sportiva della nostra storia pallavolistica, senza mezzi termini.
I padroni di casa, inoltre, magari non sono ai loro massimi storici ma restano una signora squadra di volley nonché un’avversaria che può contare sul pubblico amico e la torcida brasiliana è di un calore travolgente. Per Zaytsev e compagni sarà tutto fuorché semplice giocare in un palazzetto che, più che a un tempio dello sport, somiglierà a una bolgia infernale.
Eppure siamo certi che gli Azzurri vogliano quell’oro molto, molto più di noi semplici tifosi: sanno perfettamente che hanno la possibilità di fare qualcosa che nemmeno la generazione di fenomeni guidata da Velasco è mai riuscita a fare, sanno di potersi ritagliare un posto nell’eternità del loro sport e della storia sportiva tricolore, sanno di dover dare ancor più di quel che hanno in corpo per centrare un risultato senza precedenti che si sogna da ormai vent’anni e che si vive ormai come una sorta di “maledizione olimpica”.
Sicuramente, per quanto ragguardevolissimo, il talento di questa Nazionale è inferiore a quello dei vari Giani, Gardini, Zorzi, Bovolenta, Sartoretti e Papi ma a noi (e soprattutto a loro) questo confronto col passato non deve interessare: adesso conta solo il presente. E questa notte è la notte.