Editoriali

Vizio di forma

Inizia ufficialmente stasera alle 20:45 la stagione europea della Roma 2016-2017. È già sfida da non sbagliare e, tra andata e ritorno, da dentro-fuori: l’ostacolo che separa i giallorossi dalla fase a gironi della Champions League si chiama Porto.

L’urna di Nyon, è stato detto, è stata clemente ma non troppo: avrebbe potuto accoppiare la Roma al Manchester City di Pep Guardiola (ieri devastante in Romania) ma anche ad avversari di livello più basso rispetto ai portoghesi, ormai degli habitué delle competizioni continentali, avversario ostico e abile anno dopo anno nel vendere e ricostruire senza perdere competitività.

Ma il vero nemico della Roma, a oggi, si chiama…Roma.

Perché la società del presidente dà l’impressione di non essersi rafforzata quanto avrebbe potuto rispetto allo scorso campionato. Né di aver interpretato – come purtroppo troppo spesso è capitato alle terze forze del nostro calcio – in maniera giusta il preliminare di Champions. Che non è qualificazione alla Champions, ma appunto diritto a un playoff, uno spareggio. Fine per il quale prepararsi (e attrezzarsi, ça va sans dire), non un mezzo per poi eventualmente fare mercato.

Intendiamoci, si può pure proseguire così ma sarebbe come correre la maratona di una piccola città per poi – nel caso – allenarsi a quella di New York.

Per affrontare degnamente il Porto e la pressione di un playoff da dentro-fuori – la relegazione in Europa League saprebbe di retrocessione, diciamolo – avrei visto molto meglio una Roma fin da subito pronta per il dopo Pjanić. O più europea là davanti, dove restano le incognite del 2015-2016: certo, qualcuno merita una seconda chance ma un piano B non avrebbe guastato.

Pure la difesa, nonostante gli innesti di Fazio e Juan Jesus, non convince sino in fondo. E non sembra da top team quale la Roma vuole e deve essere, almeno per giustificare le parole del belga Vermaelen al suo battesimo giallorosso: squadra simile al Barcellona, come no?, con le qualità per lottare per lo scudetto.

Probabili formazioni alla mano, tanti i dubbi. A partire dall’estremo difensore: ballottaggio tra Szczęsny e Alisson, col polacco favorito; lo stesso portiere brasiliano – arrivato dall’Internacional per poco meno di 7 milioni di euro – è stato acquistato prima del ritorno di Spalletti nella capitale e questa incertezza su chi sia il vero n. 1 rischia di destabilizzare la squadra.

Se Florenzi e Manolas, per non parlare di De Rossi, Salah e Perotti, sono le certezze, il vero top player di quest’anno può e deve essere Radja Nainggolan, in continuo miglioramento.

Il belga, ormai un faro della sua nazionale, ha resistito alle sirene inglesi ed è uno di quei calciatori cui l’Europa League starebbe obiettivamente stretta: dalle sue gambe, piedi e leadership passa tanta della fortuna continentale della Roma e, insieme a uno Strootman ci si augura finalmente recuperato e anche solo vicino ai livelli di qualche anno fa, il vero salto di qualità.

Col vizio di forma – dopo acquisti uno dopo l’altro ma senza mai affondare il colpo su nomi che spostano a livello internazionale – di voler comprare dopo e non prima il preliminare.

E la speranza che basti il lavoro quotidiano di un grande tecnico come Spalletti: un’altra Champions con due sole italiane in lizza la sopporteremmo malvolentieri noi osservatori neutrali.

Figurarsi i tifosi della Curva Sud.

 

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Matteo Portoghese