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Inizia il viaggio della Premier League 2016-2017: apre i battenti questo pomeriggio il campionato più cosmopolita che c’è.

Certo il più intenso, non so il più bello, ancor meno il più difficile: troppo soggettivo, de gustibus non est disputandum tutte le cose che si dicono in questi casi.

Rischia di essere, se si guarda all’intero panorama dei campionati top, il più interessante, quest’anno: corsa apparentemente già decisa in Germania, Francia e – ahimè – Italia, dove a meno di cataclismi Paris Saint-Germain, Bayern e Juventus sono avanti anni luce rispetto alle altre.

Sul piano essenzialmente economico ma anche tecnico, oltre che di mentalità e strutture di squadra: forte il messaggio lanciato dai parigini in Supercoppa, altrettanto autorevoli i graffi dei bianconeri sul mercato. Non capita tutti i giorni – e in tutti i paesi – di strappare, a suon di clausole e milioni, i giocatori chiave delle principali avversarie: auguri alle “concorrenti”.

Ciò accade meno in Inghilterra e proprio per questo, dicevamo, è interessante.

O meglio: spendono tutti; anche troppo: Stones non “vale” 56 milioni di euro, né le cifre sborsate per i vari Mane, Sane e via discorrendo convincono sino in fondo.

I prezzi li decide il mercato, si dirà, ma ciò che colpisce è l’ingordigia di club inondati dai soldi di un contratto tv da record e quindi poco pazienti nel programmare, aspettare, dare seconde occasioni. Se sfondi subito bene, altrimenti quella è la porta e spazio a un altro: da noi lo fanno con i tecnici, oltremanica coi giocatori.

Premier League trofeoLa stessa vicenda Pogba – per quanto il francese sia un campione – fa storcere il naso. 105 milioni in un mondo normale li pagheresti solo per chi è già top mondiale, già nella lista dei possibili palloni d’oro. Oltre 100 milioni dovrebbero portarti uno devastante nell’hic et nunc, non in un eventuale-probabile-potenziale futuro più o meno prossimo; ha 23 anni…si dice, ma a chi scrive sembra lo stesso di 3 anni fa. Promettentissimo e potenzialmente fuoriclasse, ma mai ora uno che “valga” quella cifra. O almeno, ridatemi il tanto criticato Bale, che al momento del passaggio a Madrid aveva già spostato un campionato da solo. Più o meno.

Ma non è colpa di Paul, né della Juventus che anzi benissimo ha fatto a cogliere la palla al balzo. Se la sua assenza – ne sono convinto – si farà sentire meno del previsto, del suo acquisto, dell’esborso per un giocatore “scartato” dallo stesso Manchester United pochi anni or sono dovrà rispondere José Mário il prossimo maggio. Perché è chiaro che con gli arrivi di Bailly, Mkhitaryan ma soprattutto Ibrahimović quella dei Red Devils non può né deve essere un’annata di transizione: titolo subito o saranno guai, è José che ha alzato l’asticella.

zlatan ibrahimovic manchester united ppSe a livello di identità lo United della Class of ’92 – o forse è il calcio inglese ad essere cambiato – non esiste più, non è solo dalle parti di Old Trafford che si è cambiato l’uomo al timone.

L’altra metà di Manchester, per esempio, ha sostituito Pellegrini con un candidato dal CV abbastanza ricco di allori e soddisfazioni. Di rivoluzioni, anche: Pep Guardiola ha vinto e cambiato il calcio e la sfida ora – dopo la Germania – passa per l’Inghilterra. Dove guida una fuoriserie ma in mezzo ad altri club ricchi e spendaccioni; come se in Formula 1 esistessero 5 o 6 Mercedes. Ma rispetto ai cugini i Citizens sembrano guardare alla prospettiva oltre che all’immediato. Anche perché l’Europa incombe: più della Steaua spaventa la pressione.

Ha cambiato pure il Chelsea, senza coppe e con un allenatore all’esordio assoluto fuori dai confini natii. Alla guida della Nazionale Antonio Conte s’è dimostrato, rispetto ai balbettii continentali con la Juventus, uomo adatto anche a un calcio diverso, pragmatico inventore di soluzioni in corsa, umile condottiero di un’Italia con in rosa meno fuoriclasse di molte avversarie, ma tanto cuore e ottima disposizione tattica. A Stamford Bridge, dove il regalo di benvenuto risponde ai nomi di Batshuayi e Kanté (39 e 36 milioni!), lo aspetta la tranquillità di una stagione senza coppe europee, con più allenamenti rispetto alle concorrenti e le gufate di qualche juventino deluso. Che lo attende al varco e lo sfida ora che al famoso ristorante può entrarci con 100 €: stampa e social italiani lo seguiranno, ma lui starà fermo e concentrato sul lavoro.

Poi l’Arsenal, sempre in bilico tra l’eterna piazzata e la sensazione di aver fatto la svolta con le FA Cup 2014 e 2015; il Liverpool, incapace di attirare grandi nomi sul mercato nonostante il (troppo?) carismatico Klopp; l Tottenham finalmente in Champions League; il Leicester chiamato, se non a confermarsi al vertice (meglio Lineker in mutande o ET?), almeno a confermarsi nella classifica che conta: appare effettivamente la Premier più intricata sempre.

Che piace per l’intensità delle partite ma meno per la complessità tattica: sta a Ranieri, Mou, Conte, Guardiola, Klopp, Wenger e Pochettino dire la loro e metterci qualcosa.

Nomi, curriculum e idee mica da niente: buon viaggio.