Editoriali

L’uomo giusto al momento sbagliato

I malumori in casa Inter iniziavano a essere un po’ troppo persistenti. In un ambiente che ha bisogno d’entusiasmo per rendere al massimo non era sopportabile una situazione in cui l’allenatore avesse “mal di pancia”, condizionando inevitabilmente anche lo spogliatoio, senza nemmeno aver ancora perso una partita di campionato. Cosa sarebbe successo se l’Inter avesse iniziato la stagione senza fornire prestazioni particolarmente brillanti? O ancora peggio se la truppa di Roberto Mancini avesse perso un paio di partite? Sarebbe stato come gettare benzina sul fuoco.
Troppe le divergenze tra la nuova proprietà, volenterosa di aprire un ciclo nel medio-lungo termine: meno potere in sede di mercato al tecnico e, soprattutto, pochi soldi a disposizione per acquistare calciatori over 30. Banega ed Erkin sono arrivati a parametro zero, Ansaldi è costato un paio di milioni (più il cartellino di Laxalt) mentre l’unica eccezione in questo ragionamento è rappresentata da Antonio Candreva – ma solo perché le offerte per Berardi e Bernardeschi sono state rispedite al mittente – anche se i 25 milioni circa saranno spalmati in quattro rate. Gli investimenti importanti, sulla carta, sarebbero stati stanziati per João Mário (50 milioni circa) e Gabigol (25 milioni): due profili giovani, di prospettiva, ma che già nell’immediato possono offrire alternative tattiche al nuovo tecnico. Ma soprattutto potrebbero garantire pesanti plusvalenze in caso di rivendita futura, qualora in nerazzurro dovessero dimostrare tutto il proprio talento.

João Mário è il vero obiettivo del gruppo Suning per il mercato estivo 2016. Pronti sino a 50 milioni di euro per il centrocampista campione d’Europa.

Se davvero gli obiettivi del gruppo Suning sono quelli dichiarati e riassunti qua sopra, allora non c’è allenatore più adatto di Frank de Boer. Un allenatore con esperienza internazionale – ma non in Italia – abituato a lavorare con i giovani e a farli sbocciare: un volto nuovo anche dal punto di vista tattico, una novità rispetto ai predecessori Mazzarri e Mancini, più difensivi e con una filosofia calcistica completamente differente. Al di là del discorso relativo al mercato (la rosa si sposa benissimo con le caratteristiche dell’olandese, ma eventualmente ci sono altri venti giorni di mercato per intervenire) il punto dolente riguarda però proprio il passaggio da una filosofia all’altra in tempi così ristretti.
L’Inter di Mancini ha sempre impostato un calcio fisico, con centrocampisti forti fisicamente che potessero costruire una sorta di diga davanti alla difesa, per recuperare palla davanti alla difesa e far ripartire l’azione in contropiede, sfruttando la velocità degli esterni. Non un bel calcio sicuramente, ma almeno sino a dicembre l’Inter è riuscita ad avere una solidità difensiva che non si vedeva dal 2010 e, in attacco, un gol a partita in qualche modo riusciva a segnarlo.
Adesso invece sarà tutto completamente diverso. I primi difensori saranno proprio gli attaccanti, incaricati di pressare i difensori avversari senza però allungare la squadra, che dovrà stare alta per non concedere spazi tra le linee. Il centrocampo non dovrà prediligere un’uscita verticale e veloce del pallone in ripartenza ma, al contrario, i tre mediani avranno il compito di palleggiare tra di loro, coinvolgendo gli esterni e inserendosi a loro volta negli spazi (cosa vista pochissimo negli ultimi anni). Per farlo ci sarà bisogno anche di un Mauro Icardi diverso: l’argentino dovrà compiere lo step finale della sua maturazione andando a migliorare anche negli aspetti in cui è sempre stato carente. Come il lavoro spalle alla porta e, soprattutto, i movimenti non per se stesso (quelli sono il marchio di fabbrica) ma per favorire gli inserimenti dei compagni.

Il capitano dell’Inter, Mauro Icardi, ha offerte da mezza Europa ma è stato più volte ritenuto incedibile da Ausilio.

Dal giorno alla notte in soli tredici giorni, nella piazza forse più esigente d’Italia e con un calendario fittissimo d’impegni, che non permetterà a de Boer di lavorare tanto con i titolari in settimana quando ci sarà il doppio impegno. Ecco perché questo cambio andava fatto molto prima, ossia a giugno, quando ormai pareva evidente che il rapporto con Mancini non sarebbe stato recuperabile; Suning, proprio per questo motivo, non era disposta ad accontentare sul mercato un tecnico di cui non si fidava minimamente, e questo rischiava di far perdere un anno al nuovo progetto. Il popolo interista sarà in grado di aspettare questa rivoluzione tecnica e tattica oppure, come già avvenuto in passato, creerà un ambiente di pseudo terrorismo a San Siro, aggiungendo pressione a giocatori magari non in grado di sostenerla? Le incognite sono tante ma, al netto di quello che potrà ancora accadere da qui alla fine del mercato, la rosa nerazzurra è già in grado adesso di lottare per il secondo posto, sfruttando l’indebolimento di Napoli e Roma che, invece, hanno perso Higuaín e Pjanić, i due migliori giocatori della passata stagione.

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Alessandro Lelli